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Trieste e l’autotrasporto

Fabrizio Zerbini

TRIESTE – Imprese sempre in difficoltà e numeri poco confortanti per l’autotrasporto regionale del Friuli Venezia Giulia, ma la crisi sembra ormai aver toccato il fondo e ora ci sono grosse attese per le ripercussioni positive che lo sviluppo del Porto di Trieste potrebbe avere sul futuro del settore. Di questo si è discusso alla conviviale del club triestino del Propeller, dove il tema “L’autotrasporto, anello vitale dell’intermodalità” ha visto protagonisti come relatori Ervino Harej, manager di Autamarocchi, Enrico Eva e Rita Rapotez di Confartigianato Trieste, nonché gli avvocati Paola Bardi e Alberto Pasino.
In apertura di serata, la presentazione di Harej ha evidenziato una realtà triestina – ma ormai operante sull’intero territorio nazionale e con sedi anche all’estero – motivo di vanto per l’intera classe imprenditoriale. Si tratta di Autamarocchi, società di autotrasporto che con i suoi 900 dipendenti e una flotta di 640 autoarticolati e 1250 semirimorchi ha introdotto diverse formule innovative per la gestione dei servizi.
[hidepost]«A Trieste abbiamo a che fare con un porto estremamente moderno perché c’è tanta intermodalitá, ma questo – ha spiegato Harej – non è in contrasto con la nostra attività. Del resto, in Italia, vista la situazione geografica è difficile servire tutto con il treno. L’“ultimo miglio” viene fatto dai camion».
I problemi della frammentazione delle aziende (troppe e troppo piccole), nonché della normativa soffocante e degli scarsi controlli sul cabotaggio sono stati sviscerati da Enrico Eva, segretario generale di Confartigianato Trieste, che ha fornito una serie di dati preoccupanti: «Negli ultimi 10 anni abbiamo registrato un calo nel numero di aziende del 35% in Friuli Venezia Giulia e del 50% in provincia di Trieste, dove oggi ci sono 214 imprese attive. E nel corso del 2013 la Polizia stradale, in tutta Italia, ha elevato solo 93 verbali di violazione per le regole del cabotaggio. Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro».
La correlazione tra lo sviluppo del Porto di Trieste e un possibile (e probabile) rilancio dell’autotrasporto locale è stata evidenziata da tutti i presenti. Nel dibattito che è seguito alle relazioni, non sono mancati riferimenti alla lunga attesa – non ancora terminata – per l’approvazione del Piano regolatore dello scalo regionale, ma anche alla questione del rigassificatore, ipotizzato nei pressi del Porto. Su quest’ultimo impianto si sono già espressi in maniera contraria l’Autorità portuale di Trieste, oltre agli stessi operatori portuali, le autorità amministrative (su tutte Regione Fvg, Comune e Provincia di Trieste) e politiche locali, nonché gran parte della cittadinanza. Si vorrebbe però sentire un “no” definitivo al progetto e qualcuno avanza l’ipotesi che le due attese siano tra loro collegate.
Di normativa in materia si sono occupati i due interventi degli avvocati Pasino e Bardi. In particolare l’avvocato Pasino ha fatto il punto sulle leggi relative ai cosiddetti “costi minimi” e sul fatto che – dopo il ricorso al Tar del Lazio da parte di una trentina di associazioni di categoria – la normativa è ora pendente alla Corte di giustizia europea perché ritenuta in contrasto con la libera concorrenza. Una nuova importante opportunità per gli autotrasportatori è stata invece evidenziata dall’avvocato Bardi e ha riguardato la possibilità, per l’impresa che non avesse ricevuto quanto pattuito per il servizio, di rivalersi sull’intera filiera di quest’ultimo.
«Proprio in riferimento agli stretti collegamenti della catena logistica, è sempre più evidente – ha concluso il presidente del Propeller, Fabrizio Zerbini – la necessità di lavorare assieme per far crescere il Porto di Trieste nel suo complesso. Lo scalo è di gran lunga la prima industria della città e l’incremento dei posti di lavoro è fondamentale in questo momento di difficoltà economiche».

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Pubblicato il
28 Maggio 2014

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