Dai “terreni d’oro” del retroporto al riassetto dei progetti per i ro/ro
Le aree acquistate nel 2003 dall’Autorità portuale per le Autostrade del mare e le nuove finalità possibili – L’interporto Vespucci e le sue vocazioni – L’impegno di Collesalvetti per il porto
LIVORNO – Per quasi due lustri si è parlato di “terreni d’oro”, ipotizzando una serie di truffe nell’acquisto da parte dell’Autorità portuale allora retta da Nereo Marcucci, di importanti terreni all’incrocio tra la Via Emilia e l’autostrada da utilizzare come “hub” per le Autostrade del mare. Era il 2002 e c’erano fondi disponibili – da utilizzare però rapidamente – per il sistema sponsorizzato dalla UE per sviluppare le autostrade del mare, ovvero il trasporto alternativo dei camion sui traghetti ro/ro rispetto alla strada. Dopo l’acquisto, l’Agenzia delle entrate non condivise il valore attribuito. L’accusa: supervalutazione di due terreni, con relativo danno erariale e truffa aggravata da parte del team di funzionari e tecnici che aveva operato. Tanto che nella sentenza di primo grado del tribunale di Livorno, emessa il 15 gennaio 2013, erano fioccate pesanti condanne, fino a 13 anni per gli imputati.
[hidepost]Poi, la settimana scorsa, la corte d’appello di Firenze ribalta completamente la situazione: tutti assolti perchè il fatto non sussiste. Non ci sono state supervalutazioni fraudolente, nessuno ha “beccato la fetta” – come si dice in gergo – restituita a tutti la piena onorabilità. Sollievo ma anche tanta amarezza da parte dei protagonisti, tenuti sotto pressione per otto anni, dall’inizio delle indagini della Guardia di Finanza, fino al patatrac della sentenza del gennaio 2013.
In attesa di conoscere il dispositivo della sentenza della corte d’Appello con le relative motivazioni – i giudici hanno 90 giorni di tempo – la piena assoluzione di Aldo Beccani (allora segretario generale della Port Authority), dell’ingegner Roberto Canessa e dell’imprenditore Alberti Vitarelli (il tecnico delle valutazioni e il rappresentante di una delle aziende venditrici dei terreni) e infine del commercialista Roberto Del Ghianda (consulente del tribunale) ha avuto come contraltare la condanna della parte civile alle spese processuali e l’annullamento di tutto il complesso castello di accuse che dal 2009 in poi ha messo sulla graticola gli imputati. La cronistoria è tipica: l’inizio delle indagini è del 2007, cioè più di 3 anni dopo l’acquisto dei terreni, poi seguono l’invito a comparire nel 2009 e immediatamente dopo i primi interrogatori. Nell’aprile dello stesso anno c’è la richiesta di archiviazione, seguita dalla conclusione delle indagini preliminari e nel 2010 l’udienza del Gip. Quasi tre anni di attesa e infine nel gennaio del 2013 la sentenza del tribunale di Livorno con le pesanti condanne degli imputati; seguita dall’appello a Firenze di cinque mesi dopo, nel maggio dello stesso anno. Relativamente veloce la Corte d’Appello. un anno dopo l’appello, la sentenza definitiva e assolutoria che chiude l’intera vicenda.
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Fin qui la cronistoria di una vicenda che per molto tempo ha fatto discutere Livorno e non solo Livorno: e che ha profondamente inquinato di sospetti molte delle operazioni portuali connesse alla progettazione di un “hub” terrestre per le Autostrade del mare. Premesso che fa sempre piacere quando la giustizia accerta che non ci sono stati reati, viene spontaneo chiedersi quanto il terremoto giudiziario – oggi finalmente annullato – abbia contribuito a bloccare progetti e prospettive di utilizzo delle aree in questione: quella ex Montefiori (pagata poco più di 7 milioni) e quella Veroni ( pagata 8 milioni).
Da quanto riferisce l’Autorità portuale, i suddetti terreni (in aree comunali di Livorno e Collesalvetti) sono stati successivamente affittati (2005) a un consorzio di autotrasportatori (Consorzio Autostrade del mare) costituito da elementi di Livorno e Castiglioncello. Alcune delle aree sono state in un secondo tempo restituite dal consorzio all’Autorità portuale che quindi le ha inserite nell’elenco delle aree disponibili per le attività portuali.
Risulta che al momento ci siano alcune richieste di utilizzo, non necessariamente legate alle Autostrade del mare, richieste che l’Autorità portuale sta vagliando: e che sono comunque soggette anche al giudizio dei comuni competenti per quanto riguarda la compatibilità con i piani regolatori.
Va anche riconosciuto che dal 2002 ad oggi le realtà dei traffici marittimi, l’economia del porto, la grande scommessa delle Autostrade del mare e anche la razionalizzazione delle aree e delle banchine all’interno del porto hanno subìto importanti mutamenti: e non certo in chiave positiva, vista la devastante crisi dell’economia mondiale intervenuta dal 2009 in poi. Ciò non toglie che se l’acquisto delle aree in questione era finalizzata alla reazione di un grande “polmone” retroportuale per le Autostrade del mare, il progetto si è rivelato non realistico. Senza considerare che quasi in parallelo si è sviluppata la vocazione dell’interporto Vespucci come retroporto, aperto anche e specialmente alla possibilità di offrire aree ricettive anche per le Autostrade del mare oltre che per insediamenti produttivi.
In sostanza, forse sarà bene che anche gli assetti dell’importante comparto retroportuale livornese diventino oggetto di qualcosa di più di un semplice procedere a scacchiera, con il tante volte richiesto coinvolgimento del comune di Collesalvetti nelle scelte strategiche. Che la sentenza della Corte d’Appello di Firenze sugli ex “terreni d’oro” possa davvero aprire la strada a un riassetto funzionale del vasto retroporto labronico?
Antonio Fulvi
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