L’alleanza Cpl-Cft: il vero tema è chi comanda
LIVORNO – Nella favolistica di un certo Esopo – chi non ricorda quando certe cose ce le facevano studiare a scuola? – l’alleanza tra il lupo e l’agnello non andava avanti.
[hidepost]Adesso nell’alleanza/scontro tra la Compagnia dei portuali livornesi e la maxi-cooperativa CFT fiorentina degli ex facchini diventati imprenditori, l’illusione che si trattasse di un accordo tra due lupi – o in subordinata ipotesi di due agnelli – è durata poco. Belli i programmi di collaborazione, commovente l’abbraccio dei fiorentini per il salvataggio dei livornesi in difficoltà: ma quando si è trattato di passare dalle dichiarazioni di principio ai conti, il banco ha rischiato di saltare. E sta ancora rischiando.
Si è ipotizzato, sulle pagine dei quotidiani, che alla base dei problemi ci sia stata la messa a punto su alcuni progetti più o meno condivisi, come il polo dell’ortofrutta all’interporto Vespucci e la destinazione dell’ex Seal, quella grande intuizione dei portuali che scaricando le navi dei veleni (Karin B. e compagnia) e proseguendo con le bonifiche dell’amianto aveva portato parecchio fieno in cascina.
In realtà il problema di fondo sembra un altro: quello di chi, nell’alleanza, ha il diritto di comandare e chi deve, alla fine dei conti, obbedire. I fiorentini non sono certo una torre d’avorio, nel senso che hanno anch’essi le loro debolezze: ma si sono assunti alcuni oneri che erano (e rimangono) della Cpl e stanno cercando di farli valere. I portuali livornesi da parte loro hanno inghiottito parecchi rospi anche con l’alleanza: ma proprio per questo, i vertici della Compagnia sono tenuti d’occhio dalla base, che come è storia dei portuali non si maneggia facilmente. Ci hanno prestato dei soldi (2 milioni) e tenuto a galla un paio di realtà pesanti? Bene, siccome anche la CFT non è la confraternita dei francescani, avranno avuto e avranno il loro tornaconto. Ma da qui a comandare a bacchetta via San Giovanni ci corre.
Raugei, Dalli, il mega-consulente Marcucci buttano acqua sul fuoco: non c’è alleanza in tempi di crisi che non comporti una trattativa, e le trattative sui temi della portualità e della logistica – recita una vecchia battuta – non sono balli a Corte. Certo è che se l’accordo dovesse saltare – e quindi se una delle parti o entrambe tirassero troppo la corda – sarebbero guai grossi, con grossi coinvolgimenti e riflessi anche nella politica. C’è da sperare che non accada: Livorno e il porto hanno già tante altre gatte da pelare. C’è da ricostruire, non da distruggere ancora.
Antonio Fulvi
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