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Porto di Livorno cambio nell’LTM ed altre historie

LIVORNO – Sarà anche un modesto cambio societario, ma è un altro sintomo: nel porto labronico il momento non è facile e chi può si mette al vento, rafforzando le proprie posizioni o cercando di “ripulirle” da troppe partecipazioni.
[hidepost]E’ il caso dello scambio societario avvenuto nei giorni scorsi tra la Compagnia portuali – che è ancora alle prese con le tensioni interne all’alleanza (in crisi?) con gli ex facchini della cooperativa fiorentina – e la Renzo Conti Srl all’interno della società LTM (Livorno Terminal Mediterraneo). In quest’ultima società la Cilp ha ceduto a Renzo Conti il 12,50% del suo 25%, per cui il terminal specializzato nei ro/ro è adesso così configurato come assetto societario: 75% Agemar, 12,50% a Renzo Conti Srl e 12,50% residuo alla Cilp. In sostanza la Cilp ha dimezzato la propria partecipazione e Renzo Conti è entrato anche con la sua Srl nella società. Il valore della transazione, secondo quanto registrato con atto notarile, si aggira intorno a un milione di euro.
Con la stessa operazione Conti è uscito (ne aveva il 17%) dalla società Intercontainer, oggi poco più che una scatola vuota, che rimane quindi con la maggioranza societaria alla Cilp, (77%) più partecipazioni minoritarie agli eredi Taccia e agli eredi Bassini.
Le chiavi di lettura di questi “aggiustamenti” societari ovviamente possono essere numerose. La Cilp è alla ricerca della quadra dei suoi non facili bilanci: e mentre cerca di trovare un accordo con la cooperativa fiorentina (che non opera certo come la Fatebenefratelli, ma sua volta punta a ricavare il massimo dal salvataggio della Cilp) prova a “ripulirsi” dalle tante partecipazioni minoritarie, portando un po’ di fieno in cascina, come dal mandato delle ultime assemblee.
Riusciranno i nostri eroi – la frase è ironicamente celebre – a cavarne le gambe? A parte lo svolazzare degli avvoltoi, che sempre accompagna queste vicende, la battaglia è dura. E le pedine sulla scacchiera non sono solo quelle dei portuali. Nel terminalismo labronico il recente ingresso di Grimaldi in Sintermar – dove l’altro socio importante è il gruppo capitanato da Piero Neri, uno dei pochi veri imprenditori livornesi internazionali rimasti in questo porto – aspetta di vedere estrinsecate tutte le possibilità della stessa Sintermar. Il gruppo Neri a sua volta ha acquisito compartecipazioni con i propri costieri etc. nelle recenti aperture all’import e alla lavorazione degli oli vegetali. E l’ultima mossa importante è stata la forte compartecipazione acquisita in Labromare, la società fondata dal compianto Ghigo Cafferata, poi passata sotto il controllo dei triestini e oggi tornata con interessanti prospettive di crescita (si parla di un prossimo, nuovo port vessel in arrivo per potenziare il parco mezzi) con il suo core business a Livorno.
Se il gruppo Neri acquista e potenzia, altri come si è visto vendono o riducono le proprie compartecipazioni. Le prossime sfide si giocheranno, come noto, sulle gare annunciate dalla Port Authority: bacini di carenaggio e Porto 2000. Ma sono sfide che alla luce dei ritardi dell’iter del piano regolatore del porto oggi sembrano allontanarsi di qualche tempo. Con le incertezze create anche dai ritardi della riforma portuale: che nella migliore delle ipotesi arriverà a estate iniziata, quando sarà scaduto anche il primo mandato di Giuliano Gallanti e dei suoi. E con il conseguente interrogativo: la riconferma o la sostituzione di Gallanti avverranno con la legge attuale (e quindi tutto il complicato e farraginoso ambaradan delle terne e il presumibile braccio di ferro con il Comune di Nogarin e forse anche con la Regione che a quel punto sarà retta da chissacchì); oppure il ministro Lupi (ammesso che nella prossima estate sia sempre Lupi) se la caverà con il solito commissario in attesa della legge?
Un quadro tutt’altro che chiaro e tutt’altro che auspicabile. Ma è quello che ad oggi passa il convento.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
5 Novembre 2014

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