Predicare e razzolare per Venezia
VENEZIA – Predica bene e razzola male il nostro ministro delle Infrastrutture e Trasporti? Sulla kafkiana vicenda del terminal offshore di Venezia, l’accusa di Debora Serracchiani – potente governatore della Regione confinante – non lascia scampo: la Corte dei Conti ha bacchettato il progetto dell’offshore di Paolo Costa, la legge di stabilità aveva cancellato il famoso finanziamento di 100 milioni (strappati al Mose) con cui Costa aveva avviato l’operazione, e proprio il ministro Lupi ce l’ha reinserito.
[hidepost]Lui che va predicando la necessità di “sistemi portuali” che non si facciano concorrenza e anzi scelgano le specializzazioni, che vuole accorpare Trieste e Venezia, che non vuole progetti faraonici campati su immensi (e molto improbabili) finanziamenti pubblici…
Sia a Venezia che a Trieste la faccenda è al calor bianco. Anche perché la Debora, come scriveva qualche giorno fa Il Corriere Veneto, c’è andata giù a gamba tesa. “Mi pare un’opera non soltanto faraonica e anche molto costosa ma inutile per quanto riguarda le dinamiche dei porti dell’alto Adriatico”. Replica di Costa: “Se ci fosse qualche influenza (per bloccare il progetto, n.d.r.) sarebbe una politica di puro potere”.
Certo, la vicenda lascia da pensare. I cento milioni rimessi in pista da Lupi per Costa sono solo una briciola, a fronte di una spesa (pubblica soltanto?) prevista tra 1,4 e 3 miliardi di euro. Però al ministero sembra che siano dalla parte del progetto: c’è già stata, a calendario, una prima conferenza di servizi, e l’iter burocratico sta andando avanti malgrado il “ni” della Corte dei Conti. Debora Serracchiani non s’arrende e da vice del premier Renzi non sembra disposta a lasciar correre. Sostiene che una grande piattaforma offshore per mantenere i traffici petroliferi di Marghera (tagliati fuori dal Mose) e per accogliere mega-fullcontainers non ha senso quando vicino c’è Trieste già in grado di svolgere entrambi i servizi. Gli industriali veneziani (Roberto Zuocato, presidente) si sono schierati con Costa. Insomma, tutti contro tutti. Questa sembra l’immagine standard dell’Italia dei porti.
Antonio Fulvi
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