Camere di Commercio, una riforma senza certezze ma a Livorno si rilancia con il supporto alle imprese
I tagli ai diritti camerali hanno costretto a scelte anche amare: ma non saranno perduti posti di lavoro e si svilupperanno iniziative anche sull’innovazione – La proposta del “porto franco”, il nuovo statuto della “Porto 2000” e il ruolo della Fondazione

Sergio Costalli
LIVORNO – Potrebbe sembrare l’immortale (e immorale…) massima gattopardesca del “cambiare tutto per non cambiare nulla”, questa riforma delle Camere di Commercio rimasta a metà del guado. Se non fosse che, in attesa di capire cosa succederà davvero a queste antiche istituzioni, dal 1º gennaio prossimo saranno drasticamente tagliati del 35% i diritti camerali, con pesanti conseguenze sul bilancio e sugli impegni tradizionalmente sviluppati sui territori.
Eppure c’è chi non si arrende. Come il presidente della Camera di Commercio di Livorno dottor Sergio Costalli, che anzi rilancia.
[hidepost]Presidente, questa riforma sembra davvero poco chiara, almeno vista dal di fuori…
“Ad oggi è poco chiara anche per noi su molti aspetti. L’unica certezza è quella del drastico taglio dei diritti camerali: del 35% nell’ormai imminente 2015, del 40% per l’anno dopo e del 50% nel 2017. A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, è sempre meglio dell’ipotesi iniziale, che partiva da una drastica abolizione dei diritti. Ma evidentemente ci si è resi conto che le Camere di Commercio hanno ancora una funzione. Il problema vero è che la riforma è rimasta nel vago. Il registro delle imprese lo manterremo o no? E quali funzioni saranno eventualmente passate alle Regioni? E come si articoleranno le istituzioni sul territorio, vista anche la vicenda delle Province? Ad oggi abbiamo più dubbi che certezze. Ma certo non ci arrenderemo”.
Vista dalla parte delle imprese, si può almeno dire che con il taglio dei diritti camerali sarà per loro un vantaggio?
“Mi permetta una battuta ironica: nella media, il risparmio per le imprese nella nostra provincia rappresenta il costo di un caffè alla settimana. E in cambio saremo costretti, nel documento preventivo che stiamo per presentare, a ridurre interventi – per le stesse imprese e per il sociale – che hanno una storia”.
Lei ha già detto, in recenti occasioni, che concentrerete gli interventi. In quali campi?
“Gli indirizzi della giunta sono di concentrarsi sull’aiuto alle imprese per l’internazionalizzazione, l’innovazione e per le start-up. Dovremo rinunciare ai contributi che davamo al teatro Goldoni, all’Effetto Venezia, al Tan e così via. Con rammarico, ma i conti sono conti e non ci lasciano alternative. Vorrei anche aggiungere che la decisione del governo di tagliarci i diritti camerali non aiuta certo lo Stato, perché le Camere di Commercio non costano un euro al bilancio nazionale. Ma andiamo avanti: la legge ci consente ancora di svolgere una importante funzione, quella di presentare proposte concrete allo Stato a tutela del tessuto imprenditoriale locale: e intendiamo sviluppare questa funzione”.
Il recente seminario sui finanziamenti europei è un esempio?
“Fa parte di questo programma. Intendiamo dedicarci anche a supportare chi ha idee innovative nel campo delle imprese: ad aiutare chi intende sviluppare brevetti e a trasferire i brevetti in attività concrete. Stiamo preparando a queste funzioni anche una parte del nostro personale. E voglio aggiungere che altre Camere di Commercio hanno colto il nostro esempio e si stanno orientando in questa direzione”.
A proposito, sulla facciata della vostra sede c’è da tempo uno striscione che recita: con la riforma noi perdiamo il posto di lavoro, voi perdete i servizi alle imprese.
“E’ un messaggio forte, che la dice lunga sull’amarezza della nostra gente. E sul fatto che il nostro personale si è sentito e continua a sentirsi abbandonato, lasciato solo di fronte a una riforma che pochi capiscono. Però voglio dare un’assicurazione: non ci saranno tagli dell’occupazione, ci saranno cambi di ruolo, trasferimenti alle funzioni crescenti di servizio alle imprese e di cultura d’impresa”.
Presidente, una delle affermazioni più forti che di recente ha portato avanti è quella relativa al “porto franco”; ripresa anche dal programma che la Regione Toscana ha presentato al ministero e al governo nazionale.
“Si sa bene che il termine di “porto franco” è abbastanza improprio, in quanto richiede complessi passaggi legislativi. La mia proposta è di individuare un’area a consistente defiscalizzazione, tra il porto e l’interporto ma non solo; dovrebbe investire anche i comuni di Collesalvetti e Rosignano e prevedere forti incentivi per le imprese che intendono istallarvisi. Che non sia un sogno o una chimera lo dimostra anche la Regione Lazio, che ha inserito nella sua pianificazione logistica un provvedimento analogo. Lo stesso governatore della Regione Toscana, come lei ha ricordato, ha fatto propria la richiesta, ed ha promesso provvedimenti che porteranno a ridurre in modo significativo le aliquote fiscali regionali. C’è da augurarsi, anche per coerenza, che la stessa decisione venga presa dai Comuni interessati per la loro parte di aliquote fiscali”.
Lei si è molto impegnato nel sollecitare la veloce approvazione del piano regolatore del porto, anche in confronti diretti con il sindaco Nogarin.
“Sono convinto che il piano regolatore del porto sia essenziale: e che sarebbe colpevole perdere, con ritardi burocratico-politici, un’occasione unica come quella dei finanziamenti alla piattaforma Europa sui quali si sono già impegnati formalmente sia la Regione sia l’Autorità portuale. Concordo con il sindaco Nogarin che il piano regolatore del porto non sia l’unica emergenza per Livorno: ma è una delle emergenze e forse l’unica su cui, impegnandoci tutti velocemente, si possa avere un risultato positivo a breve. Sarà anche un importante volano di nuova occupazione”.
E a proposito del porto, si è parlato in questi giorni della vicenda Porto 2000: che dovrebbe essere vicina alla gara di privatizzazione…
“Voglio premettere che siamo soddisfatti dei risultati annunciati di recente, con il promesso ritorno di importanti compagnie. Per quanto riguarda la privatizzazione, la priorità è approvare al più presto il nuovo statuto, che è la base “sine qua non” per la gara di privatizzazione e il relativo bando. E che deve rendere possibile, con una partecipazione minoritaria ma qualificata dei due soci CCIAA e Ap, una funzione di controllo pubblico anche quando l’azionista di maggioranza sarà un privato. Specifico che non si punta a un controllo di gestione ma a una difesa del pubblico interesse, che deve continuare ad essere garantito”.
Si era parlato di una scadenza dell’attuale consiglio della Porto 2000 a fine anno. Il termine rimane valido?
“E’ stato formalmente deliberato a suo tempo: e la delibera va rispettata. Anche perché sono certo che entro questo termine sarà pronto il nuovo statuto che ci consentirà di partire con il bando di gara”.
Una presa di posizione forte la sua…
“Ma che rispetta le decisioni ufficiali. Non intendiamo sacrificare nessuno: ma nello stesso tempo nessuno è intoccabile. Del resto non accetterei di farmi tirare per la giacchetta. Ho già premesso, quando sono stato eletto a questa presidenza, che intendo rimanervi per un solo mandato, quindi non devo cercare benemerenze né tantomeno aspirare a ricompense politiche. Voglio agire nell’interesse dell’economia e delle imprese che questo ente rappresenta. Punto e basta”.
Antonio Fulvi
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