Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

Al tramonto l’ipotesi delle SpA locali

ROMA – Pensieri in libertà, nel gran marasma che circonda le linee programmatiche della riforma dei porti, ce ne sono a centinaia. Ma alcuni sono più fondati di altri. Come le considerazioni che avrebbero fatto già tramontare – non senza feroci diatribe – l’ipotesi di trasformare in SpA le Autorità portuali: un’ipotesi che sembra fosse stata caldeggiata anche dal presidente dell’Authority di Genova Luigi Merlo, che la vedeva – o forse la vede ancora – particolarmente adatta al primo scalo d’Italia.
[hidepost]Contro le Authorities trasformate in SpA si sono recentemente espressi anche l’avvocato marittimista Francesco Munnari – che ha scritto più volte sul tema anche sulla stampa genovese – e lo stesso presidente di Confetra Nereo Marcucci, che ha fatto parte della commissione sulla “governance” messa al lavoro dal ministro Lupi sulla riforma. Secondo Munari, il riferimento fatto dai sostenitori delle Spa al modello aeroportuale non convince, perché si tratta di realtà totalmente diverse, dove le imprese erogatrici di servizi aeroportuali sono prive di diritti esclusivi e di sedime ove operare, mentre sui porti i terminalisti hanno concessioni pluriennali sul demanio, sulle quali l’Autorità ha solo un potere di controllo di legittimità. Il problema di fondo, condiviso da Munari e Marcucci, è anche quello della necessità di sdemanializzare i porti ove dovessero passare alle SpA: un compito immane, che tra l’altro potrebbe poi innescare conflitti con la legislazione europea su alcuni aspetti non marginali. E Munari ha infine ricordato che un’Autorità portuale SpA incontrerebbe forti difficoltà a interloquire con le diverse amministrazioni statali con cui quotidianamente deve confrontarsi, dalla dogana alle forze di polizia, dagli enti locali eccetera. Infine, una SpA deve produrre utili: e bisognerebbe capire come, visto che entrerebbe in concorrenza con i concessionari, gli armatori e un po’ tutte le imprese che operano nel porto e che sono, ovviamente, anch’esse prioritariamente impostate a fare (o a cercar di fare…) utili di gestione.
Antonio Fulvi

[/hidepost]

Pubblicato il
7 Marzo 2015

Potrebbe interessarti

Il neo-kompanjia Stachanov

Il kompanjia Aleksej Stachanov in confronto era, come si dice da noi, uno scansafatiche: cioè robetta. Perché oggi l’avvocato Matteo Paroli copre in contemporanea due cariche da far tremare le vene ai polsi. È...

Leggi ancora

Per la guerra per la pace

C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo. No, non è l’aquilone della poesia di Giovanni Pascoli, quella che noi anziani dovevamo studiare a scuola. Il qualcosa di nuovo sono i droni: diventati in poco...

Leggi ancora

Tasse e governi

C’è la stagione di tutte le cose e di tutte le passioni. Questa d’oggi, per dirla come lo scrittore americano John Steinbeck, è quella “del nostro scontento”. Scontento? Noi del ceto medio siamo ancora una...

Leggi ancora

Hic sunt leones

Può anche darsi che, come spesso accade, l’allarme lanciato ai primi del mese dall’ammiraglio Enrico Credendino risponda anche all’altro celebre detto latino  Pro Domo Sua, riferito come noto a Cicerone. Però il capo di...

Leggi ancora

Uno scavalco che non scavalca mai

Se ne parla con comprensibile pudore: anche lo “scavalco” ferroviario tanto atteso e tanto sbandierato tra l’interporto Vespucci e le banchine di Livorno, finisce nell’elenco delle speranze deluse: almeno per i tempi. Scriveva Silvia...

Leggi ancora

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora
Quaderni
Archivio