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Il pontone Italia sarà l’“arma segreta” per salvare il bacino affondato a Livorno

Tecnicamente la maxi-gru da 1000 tonnellate della ditta Neri sarebbe in grado di sollevare e togliere il relitto della nave – Anche l’ipotesi di un trasferimento del bacino galleggiante nel più grande bacino a fianco, recuperando e rimettendo in funzione la barca-porta

LIVORNO – Un complesso di bacini di carenaggio che era tra i più importanti del Mediterraneo ed è ko per incidenti vari, carenze di manutenzione (il bacino grande) e adesso per l’affondamento del bacino Mediterraneo causato dal sinistro della nave idrografica Urania che abbattutasi su un fianco al suo interno ha sfondato anche il bacino stesso. E’ questa la situazione che sta rischiando di far perdere importanti lavori già programmati per il bacino, ma anche un importante crono-programma per il cantiere Benetti, che da qui a pochi mesi doveva varare con il bacino galleggiante uno yacht da 90 metri e subito dopo almeno un altro da oltre 100 metri.
[hidepost]Nella disgrazia, dove ha perso la vita un membro dell’equipaggio, ci sono già una decina di avvisi di garanzia e se ne aspettano altri. Ma il dramma nel dramma è che se la magistratura non avrà al più presto dai periti le risposte sul perché del sinistro, il bacino galleggiante rimane sotto sequestro e rischiano di saltare contratti, consegne degli yacht e tanti posti di lavoro.
Sul piano tecnico, è ormai accertato che occorrerà per prima cosa liberare il bacino Mediterraneo dallo scafo dell’Urania: scafo che è stato finalmente stabilizzato, ma che per il momento è ancora sottoposto a ispezioni con il ROV dei vigili del fuoco: A oggi che scriviamo (martedì) non ci sono state ancora ispezioni dei sub, indispensabili per avere un’idea chiara delle avarie riscontrate dallo scafo e dal bacino. Si starebbe comunque già programmando la prima delle operazioni: quella della saldatura delle avarie dello scafo dell’Urania, che hanno provocato il semi-affondamento, per poi procedere al suo svuotamento dall’acqua di mare con una batteria di super-pompe già messe a disposizione dall’impresa di salvataggi Neri. Una volta alleggerito, il relitto (perché ormai si parla in questi termini) dell’Urania potrebbe essere sollevato al pontone Italia della stessa Neri, che ha una potenzialità di circa 1000 tonnellate di tirata. E’ stato ricordato che lo stesso pontone Italia sollevò dal mare l’Urania per depositarlo sui piazzali del cantiere Montano quando furono avviati i lavori di jumboization. Attualmente l’Urania pesa svariate tonnellate di più, ma sarebbe stato lo stesso pontone a rimetterla in acqua dopo i lavori: e dunque, debitamente alleggerita (con eventuale distacco e sollevamento di alcuni apparati e delle sovrastrutture) l’Urania potrebbe essere sollevata dal pontone Italia, liberando così il bacino galleggiante.
Solo una volta tolto lo scafo dell’Urania sarà possibile procedere a una ispezione dettagliata dei danni sul bacino e programmare la sua urgente riparazione. Più che urgente, drammaticamente urgentissima per gli impegni già citati. Si sta studiando anche la possibilità di sollevare parzialmente il Mediterraneo svuotandone le sentine allagate (dove tra l’altro sarebbero andate in malora le pompe) e rimorchiarlo dentro la vasca del superbacino, dove potendo recuperare in tempi brevi la barca-porta affondata due anni fa, si metterebbe in secco e si potrebbe più facilmente riparare. Ma sono, al momento, solo ipotesi tecniche tutte da verificare. L’importante – e tutto il cluster portuale preme – è arrivare prima possibile al dissequestro e al piano di recupero. Non c’è altra alternativa, perché anche l’ipotesi di acquistare e far arrivare a Livorno al più presto un altro bacino galleggiante (ce ne sono in vendita parecchi in mezzo mondo) richiede mesi e mesi di tempo per diventare reale.
A.F.

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Pubblicato il
2 Settembre 2015

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