Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

Quel disastro tutto italiano della logistica

ROMA – Bisognerà farsene una ragione: il motivo principale per cui dal 2007 ad oggi il trasporto merci in Italia è crollato, unico nel Mediterraneo (dati dal Forum su trasporti e trasporto merci di Confcommercio-Isfor a Cernobbio) non è tanto legato alla crisi internazionale – che ha colpito anche altri paesi dove invece è cresciuto – ma all’estrema frammentazione delle procedure burocratico-amministrative italiane e alla logistica inefficiente.
[hidepost]Parlano le cifre del rapporto: in Italia per le operazioni di import/export di merci occorrono mediamente 18,5 giorni (pratiche burocratiche, controlli doganali, visti etc.) contro i 6,5 giorni dell’Olanda e i 9 giorni nei porti di Belgio, Germania e anche Spagna.
La burocrazia frammentata e ormai a volte demenziale ha le sue colpe. Ma c’è anche il problema che – come hanno sottolineato a Cernobbio – in Italia si produce molto e si produce bene perché buona parte dell’export delle merci è in mano alle aziende private, dove prevale il genio e la buona volontà degli imprenditori: ma non basta produrre, bisogna anche trasportare le merci. Dove casca l’asino – mi si consenta la battuta – è sull’arretratezza dei trasporti, specialmente quelli relativi all’ultimo miglio dei porti, siano essi rotaie o raccordi super-stradali. Come ha ammesso lo stesso ministro Delrio al Forum di Cernobbio, “abbiamo ancora porti che non sono collegati alla rete ferroviaria nazionale e colli di bottiglia stradali”; e inoltre aree industriali “accerchiate” dalle città, corridoi doganali ancora troppe volte solo sulla carta, aeroporti che non hanno comparti cargo perché tutta la loro logistica è stata concepita esclusivamente per i passeggeri. E così via. Un ultimo dato, prima di metterci a piangere: le inefficienze logistiche del sistema italiano costano 42 miliardi di euro di mancata crescita ogni anno. Eliminandole si potrebbero ammodernare porti, aeroporti e collegamenti in pochi anni. Ma è il cane che si morde la coda…
Antonio Fulvi

[/hidepost]

Pubblicato il
7 Novembre 2015

Potrebbe interessarti

Il neo-kompanjia Stachanov

Il kompanjia Aleksej Stachanov in confronto era, come si dice da noi, uno scansafatiche: cioè robetta. Perché oggi l’avvocato Matteo Paroli copre in contemporanea due cariche da far tremare le vene ai polsi. È...

Leggi ancora

Per la guerra per la pace

C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo. No, non è l’aquilone della poesia di Giovanni Pascoli, quella che noi anziani dovevamo studiare a scuola. Il qualcosa di nuovo sono i droni: diventati in poco...

Leggi ancora

Tasse e governi

C’è la stagione di tutte le cose e di tutte le passioni. Questa d’oggi, per dirla come lo scrittore americano John Steinbeck, è quella “del nostro scontento”. Scontento? Noi del ceto medio siamo ancora una...

Leggi ancora

Hic sunt leones

Può anche darsi che, come spesso accade, l’allarme lanciato ai primi del mese dall’ammiraglio Enrico Credendino risponda anche all’altro celebre detto latino  Pro Domo Sua, riferito come noto a Cicerone. Però il capo di...

Leggi ancora

Uno scavalco che non scavalca mai

Se ne parla con comprensibile pudore: anche lo “scavalco” ferroviario tanto atteso e tanto sbandierato tra l’interporto Vespucci e le banchine di Livorno, finisce nell’elenco delle speranze deluse: almeno per i tempi. Scriveva Silvia...

Leggi ancora

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora
Quaderni
Archivio