LIBRI RICEVUTI
Umberto Pelosini-Alessandro Marchiori
“Livorno dalla torre del Marzocco alla Venezia”
(Debatte Editore)
Una bella strenna natalizia, questa che l’Autorità portuale livornese ha fatto stampare da Debatte, che fa parte della collezione Terramocci Quaglierini. E che vale davvero il “piacevole stupore” che Giuliano Gallanti, commissario dell’Authority, ha voluto esprimere nella prefazione del volume, da “non livornese ma da cittadino innamorato del mare e dei porti”. Perché su poco più di 200 pagine in ricca carta patinata, altrettante foto rigorosamente “seppiate” raccontano la storia per immagini di com’è nato il porto: o meglio, di come il porto dei Medici è diventato progressivamente quello che nelle ultime fotografie si sovrappone ai ricordi di noi che siamo abbondantemente negli anni “anta”: comprese le distese di navicelli nei canali della Venezia, ancora vergini di gabbianelle e di fuoribordo, ma anche dei macelli sanguinosi della guerra e delle sue bombe.
[hidepost]Un’operazione culturale, questa del grande libro fotografico, cui Gallanti si richiama a margine della creazione del “Port Center” e delle iniziative per il porto aperto alle scuole: “Una battaglia culturale contro le barriere strutturali e sovrastrutturali – scrive ancora il commissario della Port Authority – che separano i cittadini dal proprio porto”. Ma anche qualcosa di più: perché grazie alle didascalie in italiano e inglese, questa raccolta di cartoline d’epoca può varcare i limiti nazionali e diventare un messaggio per il crescente afflusso di turisti stranieri, ai quali ancora troppo spesso viene presentata una Livorno contemporanea di poco o nessun appeal. Alcune immagini sono poi chicche storiche da manuale: come quelle del decollo di un dirigibile dalla periferia urbana, o l’altra della galea romana ricostruita dall’impresa Neri per un “polpettone” storico (e c’è anche il sor Tito rigorosamente in abito blu, cravatta e borsalino sulla prua vicino al “rostro”) o infine le tante immagini dei lavori per allargare e approfondire il canale dei Navicelli, fino alla folla osannante al passaggio del re d’Italia. Un piccolo grande mondo antico che ci viene riproposto con amore in tempi che sembrano vicini alla fine del mondo civile.
Mario Vierucci
“Poesie e racconti”
(Edizione Montedit, I Gelsi)
Non si stanca certo a scrivere l’amico Mario Vierucci, visto che ci propone in questi giorni le sue “Poesie e racconti” che sono il sesto libro in pochi anni. Fedele alla piccola casa editrice, si fa anche un punto d’onore nel devolvere il ricavato delle vendite dei suoi lavori all’associazione nazionale tumori, di cui è apprezzato benefattore.
Nella stessa copertina del libro, un piccolo prezioso campionario di vetri dell’Afganistan, di Boemia e di Murano, si può cogliere l’essenza dell’appassionato lavoro dell’autore: la ricerca del bello nelle sue trasparenze, al di là delle quali appare però il mistero della vita, che ogni uomo fatalmente cerca di scandagliare. Sono parole pesanti, queste che anche usa Massimo Barile nella prefazione: ma sono parole che colgono l’impegno dello scrittore, sia nelle sedici poesie che nei due racconti, dedicati questi ultimi rispettivamente al poeta arabo-beduino Shahid Keertane ed al romanziere francese Eugene Miunier, con una trasposizione onirica di entrambi i personaggi secondo la visione dell’anima peculiare del nostro.
Dire che la lettura degli scritti di Vierucci sia sempre facile sarebbe non dargli giustizia: a volte bisogna fermarsi a rileggere, a investigare su una frase che sembra abbia inciampato, a cercare il significato di un richiamo letterario o geografico, di un’invocazione religiosa o di un epitaffio. E’ anche per questo che non è scrittore da tutti; ma che lascia il segno, con le profonde tracce del suo tanto viaggiare negli spazi e nei tempi, in chi è capace di guardare fuori dal proprio limitato orizzonte.
Antonio Fulvi