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Per i diplomati del Nautico Cappellini le “amnesie” della Regione Toscana

Da anni è invano attesa una legge regionale che consenta di attuale le normative europeo sugli imbarchi – Le richieste dei giovani e la posizione di Confitarma

Alla verde età di 93 anni, portati con spavalda vis intellettuale, l’ex preside dell’istituto nautico Cappellini Francesco Mumolo non ha mai mollato la sua battaglia per i giovani che escono da quello che fu il suo istituto. E che oggi lui ritiene essere stato “castrato” dalla legge italiana, ridotto a un istituto professionale con sempre meno indirizzi sul mare: mentre il mare, gli armatori, le navi ma anche il Paese, avrebbero bisogno di marittimi – ufficiali ed equipaggi – modernamente formati e in grado di controbilanciare la crescente richiesta assolta da personale straniero.
[hidepost]Ecco il suo intervento, che segue un’intervista giornalistica al quotidiano locale La Nazione, sulla necessità che la Regione Toscana si attivi con una legge per dare sbocco concreto sulle navi italiane agli studenti che escono dal nautico.

Nella foto: (da sinistra) Massimo Provinciali e Francesco Mumolo.

LIVORNO – L’uniformazione della preparazione dei Marittimi Mercantili a norma STCW78 è un tema che l’Italia continua a trascirare. E in particolare è trascurato da alcune regioni, Toscana per prima. Faccio una breve storia.
Passata la sciagurata tempesta del secondo conflitto mondiale, l’impetuosa crescita delle dimensioni dei mezzi di trasporto e l’intensificarsi delle rotte del commercio marittimo venivano a destare serie preoccupazioni per la sopravvivenza del piccolo pianeta Terra perché crescevano pure i sinistri marittimi nonostante il contributo dell’elettronica per rendere più sicura la navigazione.
Le navi ingigantivano ma ingigantiva anche l’inquinamento.
L’analisi dei sinistri marittimi metteva in evidenza che causa principale ne era l’errore umano, e si faceva quindi urgente prendere in considerazione la preparazione e la formazione di tutti i marittimi mercantili.
A tal fine, l’Intergovernamental Maritime Consultive Organization (IMCO) con sede in Londra convocava il 15 ottobre 1971 l’Assemblea dei suoi componenti ed approvava la Risoluzione A248 la quale impegnava l’Organizzazione a razionalizzare, unificare, adeguare soprattutto, per la maggior sicurezza della navigazione, l’istruzione, la formazione, l’abilitazione e la certificazione dei marittimi mercantili.
In virtù di questo impegno veniva preparata da un sotto-comitato composto da esperti maggiormente noti nel mondo della navigazione marittima guidato dal segretario generale signor Srivastava, una bozza della Convenzione Internazionale sull’Addestramento dei Marittimi e la relativa Risoluzione.
Il successivo 1978, conclusi i lavori della preparazione della bozza, l’Organizzazione IMCO, con la collaborazione dell’Organizazione Internazionale del Lavoro, convocava in Londra una Conferenza Internazionale dal 14 giugno al 7 luglio prossimo.
Partecipavano 72 Stati, delegazioni ed osservatori di altri Stati, Rappresentanti di organizzazioni sia Intergovernative che di Organizzazioni non Governative.
I lavori venivano aperti dal Segretario Generale IMCO ed a seguito delle deliberazioni messe agli atti, la Conferenza adottava la Convenzione Internazionale sugli Standard di Addestramento, Abilitazione e Tenuta di Guardia 1978 (STCW78) e se ne predisponevano le modalità di adozione presso tutti gli Stati.
Questo non era solo un argine contro l’inquinamento della Terra, ma era pure una espressione della civile convivenza la quale lasciava aperto l’adito alla concordia mondiale che faceva sperare di poter cancellare le guerre tra gli uomini. Epperò è pure opportuno ricordare il virtuoso messaggio biblico secondo il quale ogni istituzione umana è affidata all’onesto comportamento dei singoli componenti.
Tuttavia ogni Paese marittimo della Terra ebbe modo di sapere nel 1978 le riforme da affrontare per adeguarsi ai dettami della Convenzione, e gli italiani in particolare ebbero modo di rendersi conto tra l’altro che il loro Istituto Tecnico Nautico, produttore di Aspiranti Capitani Marittimi, era divenuto inadeguato in quanto costruito su una base culturale, quella degli otto anni di obbligo scolastico, assolutamente insufficiente nei confronti delle pesanti responsabilità umane, economiche ed ecologiche.
Ma non fu solo la STWC78 a picconare l’Istituto Tecnico Nautico Italiano perché nel contempo la Commissione Pubblica Istruzione della Comunità Europea aveva dettato nel suo libro bianco che non poteva coltivarsi la professionalità entro gli edifici scolastici e prima che il giovane avesse compiuto i diciotto anni; detto libro quindi denunciava la distorsione del sistema di istruzione tecnico italiano.
Inoltre nell’intervallo in cui si edificava la suddetta Convenzione Internazionale il mondo tecnologico veniva inondato dall’evento dell’Automazione in tutti i settori operativi, ma in Italia nessuno pensava ad adeguare gli studi tecnici alle nuove tecnologie; epperò si pensava subito a ridurre gli equipaggi per motivi di competitività.
Fu allora che Governo, Confitarma e sindacati cancellavano la figura dell’Allievo Ufficiale dalla Tabella di Armamento delle Navi svuotando la funzione degli Istituti Tecnici Nautici.
Povera Italia, si cancellava l’Allievo e non si informavano gli Istituti Tecnici che continuavano a diplomare giovani che non avrebbero trovato più imbarco se non con la qualifica di mozzo.
Per quello che è dato sapere i tre suddetti enti si accordavano per far pagare all’Armatore una somma: minore del costo totale dell’omesso imbarco dell’Allievo Ufficiale da versarsi in un Fondo dei Marittimi di cui ignora il fine.
Negli ultimi decenni del secolo XX erano diverse le riforme da dover introdurre nel nostro paese per adeguarsi ai nuovi tempi e renderlo competitivo. In particolare dovevasi completare la riforma del settore marittimo onde consentire ai giovani italiani di imbarcarsi preparati secondo i dettati della STCW78.
A questo punto si verifica in Italia che: I – passavano sette anni inutilmente per la ratifica italiana della STCW78; II – passavano tredici anni per ratificare il Codice della Navigazione da parte del parlamento; III – poi toccava al Ministero della Marina Mercantile, che a sua volta veniva inglobato nel Ministero dei Trasporti provvedere a definire le nuove figure professionali marittime. Passavano altri nove anni sino al 30 novembre 2007 quando finalmente si definivano le Qualifiche e le Abilitazioni per il settore di Coperta e Macchina per gli iscritti alla Gente di Mare; IV – seguiva da presso il Decreto 12 dicembre 2007 del Direttore Generale per la Navigazione ed il Trasporto Marittimo col quale si definivano i “Programmi di Esame per il conseguimento delle abilitazioni per il settore di Coperta e di Macchina per gli iscritti alla Gente di Mare”; V – da ultimo giungeva col Decreto 4 dicembre 2013 del Comandante Generale del Corpo Capitanerie di Porto concernente la “Disciplina del Corso di Formazione per il conseguimento delle competenze di livello Direttivo per gli Ufficiali di Coperta e di Macchina” si chiudeva la lunga parentesi burocratica.
A questo punto poteva dirsi conclusa la parte normativa e cartacea inerente alla introduzione della Convenzione Internazionale nella legislazione nazionale e dovevasi passare alla realtà, cioè alla nuova formazione professionale dei marittimi italiani preparando le strutture presso le quali attuare i relativi corsi.
Detta realtà compete ora alle Regioni (art. 147 Costituzione Italiana) e non si sa quando queste provvederanno a realizzare i corsi di formazione professionale per i marittimi.
In Toscana i corsi per marittimi per ora non esistono, nessuno ne parla e pertanto lo sfogo occupazionale marittimo resta ostruito in un tempo in cui la disoccupazione giovanile raggiunge il 42%.
Frattanto la ABB Marine Academy della Finlandia è sbarcata a Genova per preparare e formare i marittimi italiani, e la privatizzazione si è preoccupata di approntare il Polo formativo dello shipping in Campania.
È la fine dell’istruzione Tecnica Navale Statale Italiana? Ciò non interessa a Confitarma perché se non ci sono marittimi italiani è tanto meglio perché ci sono i marittimi del terzo mondo che costano la metà di quelli italiani.
Francesco Mumolo

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Pubblicato il
2 Marzo 2016

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