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Assagenti e disarmo navale

GENOVA – Una panoramica meditata sullo shipping in tempi del fuel a basso costo. E delle tante navi sottoutilizzate.
[hidepost]«Negli anni Ottanta, più che il broker di carichi liquidi facevo il broker di location per il disarmo delle navi: un quarto della flotta era ferma».
Ha esordito così Ennio Palmesino, Genoa Sea Tankers, al convegno organizzato dai giovani agenti e mediatori marittimi di Assagenti il primo marzo a palazzo San Giorgio a Genova. Ed è stato proprio questo il tema centrale del dibattito tra due generazioni di broker a confronto: il disarmo, vero grande assente nella crisi dei giorni nostri.
Quello che per molti è difficile da capire, ai confini dell’illogico, ha una sua spiegazione: «banche, fondi di investimento, l’eccessiva speculazione che ha travolto il mondo dello shipping negli ultimi vent’anni – spiega Eugenio De Paolis, Bulkmare – sono fenomeni che agli inizi della mia carriera non esistevano quasi».
Difficile spiegarsi anche come sia stato possibile ordinare in sette anni un tonnellaggio superiore alla flotta esistente: «un suicidio di massa» secondo De Paolis, eppure «il nostro mondo ha memoria corta – afferma Palmesino – e già oggi la ripresa del settore liquido sta facendo gola e stiamo iniziando a vedere movimento nell’ordine di nuove unità; questo mi preoccupa molto».
Se è vero che esistono effetti correttivi del mercato, come slow steaming e riduzione dell’orderbook, «è altrettanto reale affermare che è il disarmo il vero sacrificio per un armatore, quello che potrebbe davvero stimolare una ripresa». Rispetto a vent’anni fa «il layup (fermare la nave) è comunque più costoso – constata De Paolis – oggi ci sono maggiori costi di safety che potrebbero non rendere più conveniente il ricorso a questa pratica».
E la rottamazione? «Come in qualsiasi mercato comandano la domanda e l’offerta – dice Palmesino – e la maggiore domanda di scrapping sta facendo scendere il prezzo corrisposto agli armatori per il ferro. In futuro dovremo abituarci a questo: si arriverà a un punto in cui gli adempimenti ambientali per lo smaltimento costringeranno gli armatori a pagare per avere le certificazioni necessarie alla demolizione e le carte in regola oggi le ha la Turchia, non l’India».
Ma non le abbiamo ancora viste tutte e a suscitare perplessità e timori è adesso il «trasferimento della finanza dallo shipping ai grandi trader – dice De Paolis – il caso Glancore è emblematico e ci deve fare riflettere; alcune delle sue scelte sono state azzardate e ci si chiede quanto siano state influenzate da logiche di mercato azionario».
Si è concluso con una panoramica sul ruolo strategico del petrolio a livello globale: «Si pensava che con il barile così basso il futuro del fracking fosse nero e invece oggi assistiamo al primo carico di petrolio di scisto che parte dai porti statunitensi verso il Venezuela, suo storico fornitore: ai limiti dell’immaginabile. Eppure siamo alla fine – sostiene Palmesino – e non perché si stanno esaurendo le scorte, semplicemente il mondo si sta orientando verso altre fonti di energia e negli anni a venire sarà il gas a dominare la scena».

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Pubblicato il
9 Marzo 2016

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