Storia di una famiglia ma anche di un mestiere leggendario – Dai risicatori ai salvataggi navali fino alla tradizione della lavorazione del corallo
LIVORNO – Il sangue non è acqua, dicono i vecchi proverbi: e una città nata relativamente tardi per la storia italiana – nel 1600, quindi una città giovane – per di più con il “peccato originale” delle leggi livornine che davano garanzia d’impunità a quasi tutti purché vi si trasferissero, non può che avere una storia costellata di grandi avventure e grandi avventurieri. Nacque la leggenda (che poi non è stata tanto leggendaria…) del “Se vuoi fare quello che vuoi, vai a Livorno”, con il corollario: “La legge a Livorno vale un giorno”. Altro che grida manzoniane: come scrisse con la sua consueta verve ben documentata Oriana Fallaci nel suo “Un cappello pieno di ciliegie” (libro che consiglio a tutti coloro che desiderano conoscere la Livorno ottocentesca, i suoi profumi e il suo modo di vivere), Livorno era un mondo di cappa e spada. O almeno, di coltelli, vele e salmastro.
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