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Quella rissa sul “sistema” per farci cosa

LIVORNO – Come spesso succede, il recente dibattito in commissione comunale sul “sistema” bacini di carenaggio ha chiarito alcuni aspetti procedurali, anche in vista della gara, ma non è andato a sfiorare il tema di fondo. Che in parole povere è il seguente: chi avrà in concessione il “sistema” e per farne che cosa.
[hidepost]Mi direte: c’è la gara, appena la magistratura sblocca il sequestro si parte. Ma sulle gare per le opere pubbliche da dare in concessione – a Livorno e non solo – permettetemi di essere scettico, almeno per quanto riguarda i tempi. Qualche esempio recente: la gara per la Porto 2000 è slittata almeno due volte e richiederà ancora mesi; la gara per la piattaforma Europa va ovviamente ancora più alle lunghe. E per i bacini, se l’ingegner Poerio parla con ottimismo tutto partenopeo di quello galleggiante rimesso in servizio in autunno, sul “bacinone” nessuno ha il coraggio di fare pronostici. Tra l’altro la gara pare consegni al vincitore la patata bollente del rifare la barca-porta (affondata da due anni e ormai diventata in fondo al mare un rottame inservibile) e tutta l’impiantistica elettrica, idraulica e di sollevamento. Poca roba? Ricordo che qualche anno fa la Camera di Commercio fece fare uno studio dal Rina, che quantificò i lavori necessari intorno ai 20 milioni (di euro). E la barca-porta funzionava ancora.
Domanda: chi assumerà questi oneri e per fare che cosa? Non è un mistero che il “bacinone”, nato per navi fino a 350 metri di lunghezza, ha due pretendenti dichiarati: il primo è il cantiere Benetti, che intende utilizzarlo per i suoi giga-yachts da oltre 100 metri già in costruzione ma anche per riparazioni navali di piccola e media taglia in accordo con il consorzio livornese dei riparatori navali; il secondo pretendente è il gruppo Jobson Italia, filiale del più grande Jobson International, che preme per portare a Livorno le riparazioni di grandi navi per le quali non ha spazi a La Spezia. Ed avrebbe – pare – un’alternativa a Piombino, dove a sua volta si è ipotizzato (sottovoce ma non troppo) di dotarsi quanto prima di un bacino. Il polo piombinese delle riparazioni (e demolizioni) è un programma concreto, già finanziato. Parliamo dunque di fatti.
Compatibilmente al piano regolatore portuale, agli investimenti già fatti e agli accordi di programma solennemente sanciti tredici anni fa al salvataggio dell’ex cantiere Orlando, l’opzione Benetti per i due bacini appare la più praticabile. In più ci sono motivazioni ambientali, che non favoriscono certo l’idea di un cantiere di riparazioni di grandi navi sopravento alla città e al suo porto Mediceo. Rimane l’osservazione, non certo fuori luogo, che il “bacinone” sembrerebbe sprecato per navi da diporto di “soli” 100 metri o poco più. Ma mi hanno fatto notare che i lavori su uno di questi gioielli tecnologici rendono enormemente di più che su un qualsiasi cargo.
Quali che siano le osservazioni valide, il dato di fatto d’oggi è che se vogliamo tagliare le radici delle polemiche e delle contrapposizioni – che bene non fanno né alle istituzioni né al mondo del lavoro – bisogna arrivare prima possibile alla gara. Dando per scontato anche ricorsi e controricorsi. Ma rimandare sine die è la soluzione peggiore.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
27 Aprile 2016

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