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La Riforma le promesse e il Cencelli

ROMA – L’emergenza continua dei grandi avvenimenti drammatici, dal disastro ferroviario in Puglia alle stragi – in mare dei migranti, a terra delle vittime del terrorismo – hanno distolto l’attenzione dei media dall’iter della riforma portuale, che pure sembra essere arrivato a un momento cruciale.
[hidepost]Dopo i pareri delle commissioni parlamentari – che di fatto hanno accettato le linee del governo, sia pure con distinguo a quanto pare concordati – e dopo gli altri passaggi istituzionali, sembra quasi certo che il consiglio dei ministri approverà il testo (emendato ma non troppo) entro la metà della prossima settimana. Ed è già corsa per gli organigrammi.
Le quindici Autorità di sistema che sostituiranno l’attuale pletora di Autorità portuali – ricordiamoci che solo due mesi fa gli accorpamenti dovevano essere molto più spinti, solo 8 Autorità di sistema: poi c’è entrata di mezzo la politica… – sono un boccone troppo succoso per rimanere fuori dai giochi del potere. E fa sorridere la ripetuta affermazione di Delrio & C. secondo i quali non ci saranno manuali Cencelli né scelte di partito. Affermazioni dovute, anzi proclami obbligatori. Che servono a dimostrare il contrario, ovvero quanto ci sia di interesse dei partiti nelle scelte economiche e tecniche del governo. E del resto, come sosteneva Tayllerand che di proclami se ne intendeva, la politica è sempre stata come le medicine: non è altro che un modo per agitare il popolo prima di usarlo.

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Prescindendo dalle considerazioni sul metodo e sui sarcasmi, sembrerebbe in corso la spartizione dei pani e dei pesci, ovvero delle presidenze e delle segreterie generali dei 15 “sistemi”. I criteri? In un paio di regioni – Liguria certa, altra meno – le presidenze spetterebbero al centrodestra, con le segreterie generali ai partiti di governo. Per le altre, man bassa della maggioranza. Per carità, con tecnici “di provata esperienza e non solo italiani”. Questa la formula, che dice tutto e niente. Vedremo.
Più vicini a noi toscani, certi indicatori da Roma parlano di un governatore Enrico Rossi schierato per un’abbinata Luciano Guerrieri/Massimo Provinciali, in ruoli tra i due da decidere. Ma la pelle dell’orso, cioè il pensionamento di Giuliano Gallanti, è tutt’altro che nel sacco, perché gli è riconosciuta una competenza e una personalità assai più che nazionale. C’è l’età avanzata, che in un governo “giovanilista” sembra quasi una bestemmia. Ma il fatto che Gallanti lo reclamerebbero di nuovo a Genova, per esempio, può voler dire qualcosa.

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In questo quadro, si affacciano poi sull’agone nazionale i soliti nomi che sono, come dice la pubblicità, una garanzia: Pasqualino Monti, Sandro Boniciolli, Francesco Messineo, Davide Santini, Nicola Del Nobile, Zeno D’Agostino, Mario Sommariva… e chi più ne ha più ne metta.
Poi ci sono gli operatori, che provano anch’essi a dire la loro. Significativa proprio a La Spezia la presa di posizione di La Spezia Port Services che in una nota ha sottolineato “la necessità di chiudere la stagione dei politici, dei burocrati e dei centri di potere per affidare il timone del porto a chi davvero conosca le esigenze di uno scalo complesso, delicato e per molti aspetti unico come La Spezia”. La nota continua sottolineando di non voler partecipare al toto-nomi ma si dice pronta a sostenere, “con forza e convinzione, il miglior candidato al momento opportuno”. Intanto, con un pizzico di veleno, “chiede un forte segnale di discontinuità rispetto al passato e invita governo e Regione a concentrare l’attenzione sul mondo degli operatori”. Sogni – citando Shakespeare – d’una notte di mezz’estate?
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
20 Luglio 2016

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