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Offshore di Venezia: un progetto “fesseria”?

Creerebbe una “rottura di carico” insostenibile per i contenitori e non aiuterebbe le crociere

Sul mega-progetto del terminal offshore veneziano riceviamo la seguente nota dal lettore Ezio Panetti.

VENEZIA – Realizzare questo progetto, il terminal offshore tanto sostenuto dal presidente Costa, significherebbe andare contro il primo concetto del trasporto marittimo, cioè evitare la rottura del carico, perché questo farebbe raddoppiare il costo del trasporto. Chi suggerisce di realizzare la banchina offshore, dimostra scarsa conoscenza della materia. Aveva ragione il compianto amico Giancarlo Zacchello di definire “una fesseria il progetto” essendo stato un bravo e grande armatore. Si fa leva sull’impiego di navi sempre più grandi dimenticando che il settore è in crisi, che le navi da oltre 300 metri sono un flop, che le navi in disarmo aumentano. L’unico settore ancora in discreta ascesa è quello delle crociere che molti non vorrebbero vedere entrare a Venezia.
[hidepost]Questi signori dimenticano che nessuna nave ha mai creato danni a Venezia e mai le creeranno. Estromettere queste navi, sarebbe un danno enorme per Venezia e i veneziani. Una nave da passeggeri, tra imbarchi, sbarchi e cambio di equipaggi tratta circa 5000/7000 persone; Chi pagherebbe questo costo e con quali mezzi verrebbe effettuato il trasporto? E in caso di nebbia o mare mosso?
Le navi da crociera se le vogliamo devono continuare a arrivare e partire dalla marittima.
Per quanto concerne il traffico containers, la banchina offshore non risolve il problema perché causando la rottura del carico, raddoppia il costo del nolo. Il ciclo normale è: imbarco del container, arrivo nel porto prestabilito, scarico del container su di un vagone ferroviario o un autocarro. Con la banchina offshore la nave carica in un porto e scarica sulla banchina offshore. Da qui viene caricata su una imbarcazione (chiatta) e trasportata a Marghera quindi sollevata e piazzata su di un vagone o autocarro per andare a destinazione. Ogni operazione ha un costo quindi il costo del nolo raddoppia. Ecco cosa significa la rottura del carico.
La banchina offshore avrebbe una valenza se fosse collegata al sistema ferroviario o stradale; i cinesi questo lo sanno visto che hanno dovuto farlo perché senza, nessuna nave era mai attraccata.
Il mercato dei noli è in forte crisi. Abbiamo costruito troppe navi e abbiamo più navi che merci da trasportare. Le navi sempre più grandi sono un “flop”. Torniamo alla Panamax. Nessun investimento offshore può essere ammortizzato e allora basta costruire cattedrali nel deserto e certo non incominciare a farlo in mare. I soldi non ci sono, i tempi sono infiniti in Italia, siamo pieni di debiti. Cerchiamo di migliorare ciò che abbiamo. Il fallimento della società sud Koreana ci faccia riflettere.
Chi scrive queste riflessioni e le firma, non cerca nessun incarico e nessun interesse personale. Sono ex addetti ai lavori marittimi e navali.
Ezio Panetti

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Pubblicato il
12 Novembre 2016

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