Dai workshop di Federagenti e Fedespedi…
MILANO/ROMA – Fa parte della logica dei tempi; ed anzi, guai se non fosse così. Dall’assemblea di Fedespedi a Milano, a palazzo Clerici, e dal workshop di Federagenti a Roma, nella sede di Eventi a piazza di Spagna, sono usciti in due giorni consecutivi giudizi di merito, analisi specialistiche e anche decisi impegni sulla riforma portuale e sulla logistica del “sistema Italia”.
[hidepost]Un impegno, quello delle due importanti associazioni di categoria della portualità e dello shipping, che fa il pari con quello di Confetra (presente ad entrambi gli appuntamenti) e delle decine e decine di brain-storm che hanno punteggiato queste ultime settimane.
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Nell’assemblea di Fedespedi, dedicata ai “nuovi scenari” nel 70º anno di fondazione dell’associazione, il presidente Roberto Alberti ha affondato il coltello nella piaga che oggi risulta tra gli elementi più di retroguardia nella ricerca di una nuova efficienza logistica del sistema Paese: il controverso decreto IVA sui depositi doganali, che lungi dall’aiutare gli operatori ci mantiene in condizioni di subire la concorrenza di buona parte dei paesi europei del nord e non solo. Se la riforma portuale va nella giusta direzione – e la sintesi di Fedespedi – quella sul regime IVA conferma che c’è ancora molto da fare per trovare un linguaggio univoco a livello di Stato e delle sue troppe “repubbliche” burocratiche, l’un contro l’altra schierate. E il supporto legale fornito dalla relazione Righetti, che ha sinteticamente descritto il lavoro dello spedizioniere “tra l’incudine e il martello” ha ribadito ancora una volta che in Italia malgrado tutto non esiste ancora “la certezza del diritto”. Un modo di lavorare che non aiuta certo chi cerca la legittimità; e non sta aiutando nemmeno nella pratica del peso dei containers, imposto dall’IMO con regole che in Italia continuano ad avere troppe ombre.
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Da parte sua Gian Enzo Duci, presidente di Federagenti, non le ha mandate a dire sul tema della logistica “ai tempi di Industria 4.0”. Da un po’ di tempo Duci ha messo da parte il linguaggio diplomatico ed ha affrontato con indubbio coraggio – avvalendosi di basi tecniche e culturali di primo piano – gli squilibri che il mondo non solo italiano della logistica sta attraversando. La sintesi del suo pensiero è che bisogna combattere il rischio di subire passivamente le scelte dei grandi gruppi internazionali, supportando con forza un rilancio che faccia perno sui protagonisti del made in Italy. La partita decisiva – sottolineano gli agenti marittimi – si sta giocando sul mercato dell’interscambio mondiale travolto da un gigantismo navale non sempre giustificato, da un’overcapacity che a sua volta era stata preannunciata ma non è stata evitata; e da squilibri tra aree di produzione ed aree di consumo che anche i recentissimi cambi di governo (e di strategie) nei colossi mondiali Usa e Cina non aiutano a vedere in chiave di ottimismo. Dal workshop di Roma Eventi i contributi di Erik Wormgoor e in particolare i temi emersi nella tavola rotonda con Alberto Ricci (Confindustria Livorno-Massa Carrara), Nereo Marcucci (Confetra), Paolo Uggè (Confcommercio) e ancora Gian Enzo Duci hanno rievocato le tesi dei singoli relatori – sulla riforma, sui suoi meriti e i suoi limiti – già espresse in decine e decine di recenti incontri, a partire da quello livornese di Confindustria con il viceministro Nencini. Scontata la difesa di Ivano Russo per il ministero e per il ministro Delrio. Su tutto, la sensazione della spada di Damocle dei risultati del referendum di domani; una sensazione che a sua volta sta condizionando, con speranze e veleni, un po’ tutta la vita politica e quindi anche l’analisi delle prospettive operative del Paese. Per fortuna, da domani smettono le chiacchiere e si andrà al chiarimento, che sia in una direzione o nell’altra. Sperando che si possa davvero lavorare sulle cose concrete e urgenti.
Antonio Fulvi
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