Valore logistica nella competitività
MILANO – L’appuntamento di “Shipping, Forwarding&Logistic meet Industry” della settimana scorsa ad Assolombarda ha avuto come clou anche l’analisi su ciò che si può e deve fare per aumentare la competitività dell’industria nazionale con un brain-storm di grande interesse, di cui riportiamo alcuni spunti.
Nonostante le difficoltà della penisola che – secondo il presidente di Federagenti Gian Enzo Duci – viene definita un po’ troppo ottimisticamente “naturale piattaforma logistica del Mediterraneo” vista la catena appenninica che la attraversa per gran parte della lunghezza e la cintura alpina che ne disegna il confine settentrionale, oggi l’industria ha comunque grandi opportunità che vanno dalla pianificazione doganale che deve precedere il prodotto, al fatto stesso che la logistica può e deve essere un valore aggiunto, parte integrante del processo produttivo.
[hidepost]La discussione fra Duci, Roberto Alberti presidente Fedespedi, Nereo Marcucci presidente Confetra, ha delineato un interessante quadro generale e fornito svariati spunti di riflessione. Il concetto fondamentale espresso da Duci, e condiviso dagli altri, è stato quello della necessità di una rete logistica nazionale controllata, unica chiave che ha l’industria per restare sul mercato evitando di affidarsi alla logistica straniera con l’altissimo rischio di venirne assorbita. Salvaguardare quindi innanzi tutto quel poco che rimane di italiano nel paese, potenziarlo e valorizzarlo all’estero. Necessario – secondo Roberto Alberti – anche rendere il paese produttivo non solo al centro-nord ma anche al sud e nelle isole creando così il presupposto per lo sviluppo di portualità e logistica in quelle stesse aree con effetti meno penalizzanti rispetto al dover percorrere la penisola in lunghezza incontrando gli Appennini. Riguardo all’e-commerce ed agli interrogativi preoccupanti che pone, Alberti ha spiegato che il fenomeno in Italia richiederà sicuramente una riflessione futura ma al momento riguarda solo settori di eccellenza per un 10% degli scambi totali. Per la natura prevalentemente manifatturiera del paese i maggiori traffici riguardano infatti materie prime, seguono quelli export verso Europa con autotrasporto ed in ultimo quelli aerei con percentuali basse nelle quantità di merce trasportate ma molto importanti in termini di valore. In sostanza da Fedespedi è giunta la rassicurazione che il trasporto, in generale, abbia intercettato cambiamenti in meglio nella tecnologia e nei mezzi mentre quel cambio radicale che comporta le incognite future riguarda al momento solo una parte contenuta. Alberti, in accordo con Duci, ritiene pericoloso il rischio di cedere una parte importantissima del trasporto merci, e non solo sotto il profilo della vendita, ma anche dal lato acquisto. Riguardo invece a quel 10% rivoluzionario ha sottolineato: “senza un controllo effettuato dal settore pubblico questo tipo di logistica che oggi può essere definita predittiva se non istantanea, porterà gran parte della ricchezza a pochissimi organismi sovranazionali a danno di tutti gli operatori”.
Anche il presidente Confetra Nereo Marcucci ha sottoscritto la validità del concetto della rete per restare competitivi in attesa che si completino i tunnel ferroviari del Gottardo le cui previsioni sono per il 2021, 2026 e 2030, e per affrontare gli scenari preoccupanti del franco fabbrica: “L’esperienza ha già dimostrato che le “reti”, una volta allargate alle istituzioni e all’industria, funzionano; la stessa Confetra è una rete che riunisce le categorie del settore e lo ha dimostrato con le questioni della pesatura container, del caso Hanjin, ed ora dei trasporti eccezionali; occorre perciò – ha detto il presidente – far crescere la cultura e le esperienze partendo dal basso, anche da iniziative di confronto come la due giorni milanese, e comporre trattative fra le parti che siano di comune convenienza, per trattenere nel paese quello che resta del valore aggiunto”. Marcucci ha anche informato che Confetra, insieme al MIT, con una delegazione permanente a Bruxelles sta lavorando ad una questione che riguarda il GBER (Regolamento generale di esenzione per categoria, nello specifico il regolamento sui servizi portuali) per evitare che i dragaggi siano posti a carico del soggetto privato che gode dell’approfondimento dei fondali, cosa precedentemente non avvenuta in altri paesi nord europei come Olanda e Germania.
* * *
Per Antonio Ascari, direttore commerciale di Maersk “Quello appena trascorso è stato uno degli anni più complicati degli ultimi dieci, paragonabile solo al 2009 nel quale venne perso il 10% dei volumi. Abbiamo avuto il crack della coreana Hanjin – credo nessuno avrebbe immaginato il suo fallimento – ma non solo: il rischio finanziario Hyundai, le varie acquisizioni che hanno interessato diverse compagnie come Hapag Lloyd verso Uasc, la stessa Maersk Line con l’acquisto di Hamburg Sud, gli annunci di prossima fusione fra NIK, K-line, MOL. Ho vissuto il 2016 come un “anno zero” per questi così grandi ed importanti eventi e credo sia il primo di una serie di anni che porteranno ancora dei cambiamenti. Il nostro è un settore estremamente maturo perciò, per le economie di scala, il fatto che la domanda sia stata inferiore all’offerta, non poteva che portare a questa situazione di forti cambiamenti. Il rischio che corriamo è che si possa ricadere nuovamente in questo circolo vizioso della riduzione dei noli. Se dovesse succedere avremo davanti a noi anni che replicheranno quello appena trascorso.
Lo shipping è legato all’economia mondiale; se il Brasile, così come la Russia, non escono dalla recessione, se l’Europa non esce dalla stagnazione, questo impatta direttamente sulle nostre società. Le dinamiche che oggi vediamo – come quella americana – sono poco prevedibili ed anche se al momento non vedo effetti, sappiamo bene che un “battito d’ali” in Cina può provocare una tempesta in Europa.
Le grandi della distribuzione come Alibaba – peraltro nostro cliente – e Amazon, sono aziende estremamente smart e dinamiche. Il fatto che abbiano comprato delle licenze navali è un punto da tenere presente, ma al momento per me rappresentano rispettabilissimi clienti. Sono nate in mercati in completa espansione, collaterali ed abbastanza saturi, vedremo quale sarà la loro evoluzione nel futuro. Devo comunque ammettere che mi stupiscono ed apprezzo estremamente il loro dinamismo”.
* * *
Betty Schiavoni, presidente di Alsea – Associazione spedizionieri ha approfondito le tematiche su spedizioni e spedizionieri. “Della figura dello spedizioniere si parla poco – ha detto – spesso si parla di trasporti, di corrieri, di porti ma poco di quello che è il nostro ruolo. Sicuramente lo spedizioniere si rapporta male con il “franco fabbrica” perché con questo metodo viene consegnata ad imprese straniere di spedizioni la gestione della merce dal momento della produzione, una volta in banchina. Questo è uno degli aspetti sui quali, come Alsea, ci stiamo battendo da anni per far comprendere all’industria l’importanza di lasciare agli spedizionieri italiani la spedizione nel suo complesso, poiché ciò rappresenterebbe lo sviluppo del nostro settore e la crescita di posti di lavoro. Più riusciamo a mantenere questa fase del lavoro, più possiamo decidere, più possiamo essere presenti all’estero. La nostra categoria soffre anche il fatto di avere un governo che non adegua le infrastrutture alla mole di lavoro delle spedizioni che devono essere movimentate anche se riconosciamo che, fortunatamente, in questi ultimi due anni con il ministro Delrio si stanno instaurando dei buoni rapporti. Siamo una penisola che ha alle spalle la Svizzera che ci ostacola per non farci passare, l’Austria che si impone, e peggio ancora va con la Francia; se non creiamo buone infrastrutture portuali e aeroportuali, delle buone connessioni ferroviarie e stradali che ci consentano di oltrepassare i confini il nostro destino sarà quello di diventare un’isola”.
Cinzia Garofoli
[/hidepost]