Le patate bollenti di Corsini
LIVORNO – La premessa può sembrare scoraggiante: sulla “governance” delle Autorità di sistema siamo ancora a metà del guado e il caso Livorno, con il ping-pong tra Authority portuale e Comune è diventato il paradigma delle tante incertezze. Ma solo gli ingenui possono credere che il problema sia limitato a una scelta tecnica. L’influenza della politica – quella nazionale e quella locale, qualche volta l’un contro l’altra armata – continua ad essere presente e in molti casi determinante.
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Rimaniamo al paradigma Livorno, per semplificare. Il presidente Stefano Corsini, ingegnere con grande esperienza nell’ambito del ministero ma nessuna nella gestione portuale quotidiana, si è trovato paracadutato a palazzo Rosciano contro la sua aspirazione a presiedere l’AdsP di Venezia. Pazienza: ha fatto buon viso a cattivo gioco. Probabilmente sperava che Livorno, non grandissimo porto sempre gestito nell’ambito di un Pd quasi egemone, fosse relativamente facile da timonare. Si è invece trovato con una realtà interna all’Authority con pesanti scontri tra le direzioni, con un iper-potere del segretario generale che grazie all’indubbia competenza e abilità ha operato in modo tentacolare sui più delicati temi dello scalo, e con un sindaco anti-Pd aggressivo, del tutto contrario a riconoscere l’autonomia gestionale dell’Authority e supportato in questo a livello nazionale (Nogarin è anche presidente dell’associazione delle città portuali italiane). Senza contare i temi dell’operatività del porto, a cominciare dallo scontro Grimaldi-Onorato per i ro/ro, la carenza di aree per i traffici di auto, le strategie in corso per la gara sulla piattaforma Europa. E tanto altro.
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Vogliamo dire di più? Per l’organigramma interno a palazzo Rosciano, il nuovo presidente è ancora un Ufo: dopo quasi due mesi, ha avuto scarsissimi incontri con la sua struttura, che ovviamente se ne lamenta a denti stretti. Un certo atteggiamento “alla romana” lo fa trovare in sintonia con il segretario generale, ma non con la “livornesità”. Piccole cose, se vogliamo, di pessimo gusto: ma reali.
Corsini ha alcuna patate bollenti tra le dita. La prima è la scelta del segretario generale. Comprensibile che abbia accettato il suggerimento del predecessore Gallanti per tenersi Provinciali almeno nel trapasso, vista la competenza e l’intraprendenza del soggetto. Ma nei corridoi si sussurra che le pressioni per cambiare segretario generale e quelle per tenere l’attuale si bilancino. Hanno perso smalto i sostenitori del pur bravo e competente Luciano Guerrieri di Piombino (sostenuto dal sottosegretario all’ambiente Silvia Velo, che schierandosi con Orlando ha perso la battaglia contro Renzi nel Pd); per lui, secondo il senatore Marco Filippi – indiscrezione da un incontro Pd dei giorni scorsi – si profilerebbe la presidenza dell’interporto Vespucci, ma anche qui si potrebbe trovare la strada sbarrata da Provinciali se quest’ultimo venisse sostituito a palazzo Rosciano. Da chi? Circolano i soliti nomi. che non è detto siano i soli attendibili: Roberta Macii di Piombino, Matteo Paroli oggi a Ravenna (hic manebimus optime, ha fatto sapere: ma mai dire mai), il comandante cavaliere Nerio Busdraghi delle Capitanerie di porto a fine carriera, l’ex sindacalista Mario Sommariva (a Trieste dove lo tengono ben stretto: ma anche in questo caso, mai dire mai) eccetera. Secondo Filippi – voce dal sen fuggita? – Corsini sarebbe tentato di tenere Provinciali almeno per un anno, in attesa che la riforma Delrio sia davvero in funzione completa. Nel frattempo c’è da completare l’organico del sistema: con una direzione portuale a Piombino e una fusione-semplificazione delle direzioni generali delle due Autorità. Parlare di lana caprina è semplificare.
Antonio Fulvi
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