L’industria portuale è “monopsonia”
LIVORNO – Siamo nel pieno della verifica del progetto Piattaforma Europa e vorrei contribuire con alcune riflessioni che, secondo me, sono d’obbligo.
A fine giugno ero ad Amsterdam, al Forum Internazionale del Trasporto OCSE, dove ha parlato, tra gli altri, Olaf Merk (esperto in portualità e shipping) che abbiamo apprezzato anche qui a Livorno, al 2° Forum Nazionale sui porti e logistica il 5 aprile scorso.
[hidepost]
Ha avvertito che i porti container e relativi terminals, potrebbero trovarsi, in un prossimo futuro, con rendimenti significativamente inferiori agli investimenti.
Ai delegati, Merk ha anche detto che siamo in una sorta di “monopsonia” (situazione di mercato in cui un solo acquirente ha il monopolio e controlla i prezzi ed il costo del lavoro).
“Abbiamo una situazione in cui ci sono molti venditori (terminals) e un numero ridotto di acquirenti (vettori oceanici), il che significa che il potere di questi ultimi verso i servizi portuali, è sempre più in aumento”.
“Le prime quattro compagnie di navigazione, ora controllano circa il 50% del mercato, rispetto al 23% del 2000, e questo è avvenuto in un momento in cui la globalizzazione dei servizi portuali e le modifiche normative, tese ad incoraggiare la concorrenza, hanno portato alla nascita ed allo sviluppo di altri terminals”.
Ha poi continuato: “Con i porti che hanno meno clienti, ma con questi che portano maggiori volumi, gli sconti “evidentemente” aumentano. Ogni rafforzamento di vettori, inoltre, significa che i contratti subiscono una rinegoziazione, in pratica, abbassare il livello delle tariffe. I vettori utilizzano anche i propri terminals come base di valutazione nei negoziati, al fine di migliorare i servizi richiesti”.
Merk ha posto l’accento che era inevitabile che i ritorni sugli investimenti dei porti/terminals diminuissero, e che alcune strutture più piccole sarebbero state messe a rischio.
Ha terminato: “In definitiva i proprietari della merce saranno contrariati, giacché ci sarà un calo del numero di porti più piccoli, lasciando meno possibilità di scelta per i caricatori/destinatari, e conseguentemente, catene di fornitura meno resistenti per l’industria”.
Che cosa voglio dire io?
Che non si vive di solo contenitore: la flotta mondiale dedicata ai containers è il 18%, quindi l’82% della flotta mondiale è di altra tipologia.
Poter ricevere le navi da 10.000 TEU in un prossimo breve futuro, sarebbe un ottimo risultato, anche in considerazione del fatto, che c’è chi dice oggi: “in questo momento la politica deve intervenire, non possiamo permetterci di avere più porti di trasbordo, abbiamo bisogno di un singolo porto di transhipment, e dobbiamo essere capaci di leggere le vocazioni dei singoli porti italiani”.
Angelo Roma
[/hidepost]