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Un bicchiere pieno a tre quarti


LIVORNO – Fa parte del gioco, nei workshop organizzati dalle aziende, presentare il bicchiere pieno a tre quarti, minimizzando il vuoto dell’ultimo quarto. La regola è stata confermata anche mercoledì scorso in Fortezza Vecchia nel pur ricco ed esauriente convegno della OLT Offshore LNG Toscana. Dove solo a sprazzi, con andamento carsico in qualche intervento, è emerso il complicato, faticoso, spesso inutilmente pesante percorso delle autorizzazioni burocratiche che in Italia fa da cornice a tutto ciò che è innovativo, nel nome del Molok Ambiente. Sia chiaro: nessuno della OLT si è lamentato, e gli stessi funzionari ministeriali hanno ammesso spontaneamente che occorrerà snellire certe procedure. Ma è evidente che se l’Italia vuole ottemperare alle normative UE di una rete davvero funzionale e funzionante di stazioni di rifornimento dell’LNG entro il 2025, anche l’apparato burocratico dovrà darsi una mossa. Considerazione nostra, su nostra piena responsabilità: siamo specialisti nel partire in ritardo, con le imprese che invece sfangano per essere up-to-date e qualche volta sono lasciate sole, se non peggio. Parentesi chiusa.

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Ci sono poi le vicende internazionali che caratterizzano il mondo dei fornitori di energia a fare la loro parte. Dai rapporti emersi nel workshop livornese, i tre impianti di rigassificazione operanti oggi in Italia, rispettivamente nella rada di La Spezia, offshore a Livorno e davanti a Rovigo, funzionano ben sotto le loro potenzialità: nel 2016 al 69% quello di Rovigo, solo al 12% (che tuttavia per quest’anno supererà il 20%) quello livornese e solo al 6% quello spezzino. Non dipende certo dagli impianti, ma dalle cento variabili del mercato internazionale del gas, dove si incrociano anche le politiche (qualche volta sospette di dumping?) dei gestori dei gasdotti, forti di contratti blindati con gli Stati. Un mondo che però sta cambiando grazie alla crescita dei rigassificatori “privati” e specialmente grazie al moltiplicarsi dei paesi produttori di LNG: basti pensare che al terminal offshore OLT è arrivato gas non solo dai tradizionali fornitori del medio Oriente ma anche dagli Usa e dal Cile.

Come sempre, la politica della diversificazione delle forniture di energia vanno lette in un quadro supernazionale. L’UE spinge un progetto GAINN al quale hanno aderito Venezia, Genova, La Spezia, Livorno, Augusta, Ancona e Ravenna. La BEI ha aperto i cordoni della borsa e sono previsti anche bandi appositi. Poi c’è il caso Sardegna, con il terminale in avanzata costruzione a Oristano che punta e “metanizzare” l’intera isola. In sostanza, siamo in ritardo – non certo per le imprese, che invece sono d’avanguardia – ma in corsa per recuperare i tempi perduti. Anche perché l’armamento, in particolare quello delle nuove navi da crociera, imporrà presto una selezione tra i porti dotati di stazioni di rifornimento LNG e quelli in retroguardia. Occhio perché già dall’anno prossimo scattano gli esami.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
8 Luglio 2017

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