“Spending” al MIT e le nozze con i fichi secchi
LIVORNO – Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da commentare. Ovvero: le istituzioni se ne sono andate in ferie in un clima di polemiche e di contrapposizione ideologica anche e specialmente sulla gestione dei porti – i casi di Livorno, Civitavecchia, Genova e Trieste con i sindaci, cui si è aggiunto in zona Cesarini anche quello di Olbia – e le ferie sono finite, o quasi, riaprendo lo stesso clima. C’è un piccolo, residuo vantaggio: quello che il parlamento riapre con le Camere solo il 14 settembre, quindi fino a quella data – direbbe Mark Twain nel suo celebre aforisma – troppi guai non potrà creare. Qualunquismo? Forse. Ma l’esperienza non depone al meglio.
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Se Camera e Senato se la stanno prendendo comoda, a livello ministeriale la pentola bolle ed ha continuato a bollire, anche se in sordina, per tutto agosto. A Roma le beghe con i sindaci per averli o meno dentro i comitati di gestione dei porti si stanno divaricando in due rami distinti. Da una parte, ministro del MIT e il suo “cerchio magico” difendono il principio contro i sindaci, anche se hanno dovuto ingoiare Genova e Trieste. Dall’altra, l’apparato burocratico-operativo dello stesso MIT è alle prese con l’ennesima minaccia di taglio delle risorse (la chiamano “Spending Review”) che viene giudicata un’ingiustizia suicida, nel senso che non è possibile – a loro parere – far funzionare al meglio un settore così complesso ed articolato, cui fanno capo alcune delle riforme storiche più significative degli ultimi anni: quella dei porti, la “cura del ferro” sulla logistica ferroviaria, la riforma doganale, il piano degli aeroporti. Il giudizio più blando che filtra dagli uffici – ovviamente pronti a smentire – è che la politica pretende che i tecnici vadano a nozze con i fichi secchi pur di non toccare i propri privilegi economici. Qualcuno ricorda che un direttore generale del MIT, con responsabilità e compiti che spesso lo mettono a rischio anche del penale, guadagna la metà dell’ultimo delle centinaia di parlamentari “peones” (per non considerare i privilegi “collaterali”) si capisce che qualche ragione per il mugugno Viale Asia & C. ce l’hanno.
Le riforme con i fichi secchi invece che con le necessarie risorse per chi deve studiare i provvedimenti voluti dalla politica e firmarli su propria responsabilità? E’ vecchia questione, ma accentuata e invelenita proprio in quest’ultima stagione. Che si riflette, alla fine, anche in periferia: dove si lamenta che richieste di chiarimenti, di interpretazione delle norme, di indicazioni ufficiali, spesso latitano. Prolungando situazioni di incertezza, se non di quasi illegittimità, che non giovano a nessuno. Specie agli imprenditori e ai lavoratori.
Antonio Fulvi
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