Dragaggi: far banca dei sedimenti

(Nella foto: “Il Milite Ignoto” e Fabio Roggiolani). La scultura, che rappresenta una cozza, ideata da Fabio Roggiolani per sensibilizzare l’opinione pubblica sul danno ambientale causato dai dragaggi è stata realizzata dallo scultore Berico su disegno di Jacopo Fo.
RIMINI – Il convegno “Dragaggi ed ecodragaggi” organizzato da GIGA, associazione per l’energia sostenibile, all’interno della grande manifestazione Ecomondo che si è conclusa nei giorni scorsi, oltre ad essere stato molto partecipato è stato al centro dell’attenzione di tutto il festival grazie all’attestazione ricevuta dalla Decomar per la tecnologia “Limpidh2o” per ecodragaggi ritenuta la più innovativa fra le 41 presentate per i vari settori nelle 4 giornate fieristiche.
Ne parliamo con Fabio Roggiolani, vicepresidente di GIGA e cofondatore di Ecofuturo, l’evento sulle ecotecnologie che il prossimo anno sarà alla sua 5° edizione.
Signor Roggiolani, la sensibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nei confronti del concetto di ecosostenibilità sta finalmente aumentando? Le associazioni come si muovono a questo fine?
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Qualcosa sta finalmente cambiando; lo ha sottolineato anche Jacopo Fo nel suo discorso di apertura al nostro convegno sui dragaggi e gli ecodragaggi. Ma troppe aziende italiane che operano in questo settore, spesso delle vere eccellenze, per la difficoltà di accedere a meccanismi di finanziamento molto complessi, raggiungibili solo da quelle più forti e strutturate, non ce l’hanno fatta ad operare: alcune sono fallite, altre nonostante i successi all’estero hanno faticato ad essere riconosciute nel loro paese. Una di queste è proprio la Decomar che ha ottenuto riconoscimenti importantissimi all’estero prima che in Italia. Associazioni come la nostra hanno portato all’attenzione del MISE più volte la necessità di sostenere le imprese che innovano, se non addirittura di fare azioni di scouting per trovarle e promuoverle.
In cosa si sostanzia la tecnologia Limphid2o di Decomar presentata al convegno?
È un sistema di ecodragaggio a circuito chiuso, certificato dal Ministero dell’Ambiente e protetto da oltre 40 brevetti a livello mondiale, unico nel suo genere. Rimuovendo selettivamente con fluido di ricircolo sigillato i sedimenti senza appesantirli dell’acqua consente di bonificare porti, fiumi, bacini inquinati e contemporaneamente di ripascere le spiagge in erosione con le sabbie recuperate e bonificate. È un’innovazione tecnologica che permette anche di non ricorrere al sistema delle cave per la sabbia da costruzione, ma non solo: con questa tecnologia si possono liberare i fanghi di fondo che ostruiscono oltre il 50% dei bacini esistenti, operazione di fondamentale importanza nei periodi di siccità.
Fra i qualificati relatori del convegno ci sono state aziende, enti portuali, importanti istituti di ricerca, politici. Dai loro contributi quale messaggio comune è emerso sulla tematica del dragaggio in Italia?
È stato riconosciuto che grazie alle semplificazioni normative apportate dal Ministero dell’Ambiente con i decreti 172 e 173 del 2016 le operazioni dei dragaggi – fondamentali per lo sviluppo dei porti italiani e dell’economia nazionale e bloccate per anni da moltissimi cavilli – sono state agevolate; ma restano da affrontare alcuni aspetti per chiudere il cerchio della questione tra cui la difficoltà di destinazione dei sedimenti dragati idonei per il riutilizzo e la caratterizzazione delle aree da ripascere per stabilire le compatibilità con i sedimenti dragati. L’altro messaggio riguarda l’attuale modalità di dragaggio che, per come è oggi concepita, danneggia l’ecosistema. Solo un esempio fra i tanti che potrei fare: la legge prevede la pulizia delle benne ogni volta che escono dall’acqua, ma questa operazione non viene rispettata per l’altissimo costo operativo che comporta. È noto che le torbidità e gli agenti inquinanti che vengono agitati nei fondali hanno avvelenato ed ucciso negli anni milioni di molluschi.
Relativamente alle problematiche della destinazione dei sedimenti in considerazione della loro compatibilità con le aree da ripascere: in apertura di convegno lei, come vicepresidente GIGA, ha lanciato una proposta..
Ho proposto la creazione della “banca dei sedimenti” come soluzione che potrebbe realizzare il ciclo dell’economia circolare dei dragaggi. È inutile infatti avere sedimenti puliti se il sistema, con le sue farraginosità, non riesce ad organizzarsi per riutilizzarli. Il paradosso a cui assistiamo è che i sedimenti puliti che escono dai dragaggi sono inutilizzati mentre chi ne ha bisogno è obbligato a comprarli. Come associazione GIGA riteniamo quindi utile costruire un hub dove possano convergere le segnalazioni di gare in itinere su dragaggi e contemporaneamente quelle che riguardano piani di rinascimento in Italia mettendo così in contatto diretto la domanda con l’offerta. Vorremmo realizzare questo strumento di semplificazione con la nostra rete di contatti chiedendo la collaborazione – in autonomia – di tutti gli enti di sistema portuale, dei comuni rivieraschi, dei soggetti deputati al controllo, e vorremmo condividere questo progetto anche con La Gazzetta Marittima. La nostra idea è stata accolta con interesse per la soluzione che propone ai problemi che sono stati segnalati proprio durante il convegno. L’ingegner Nancy Attolico della AdSP del Mar Adriatico Meridionale ha parlato infatti delle difficoltà degli enti portuali a raggiungere l’obiettivo finale della valorizzazione dei sedimenti dragati e riconosciuti idonei perché non sono in grado di individuare il sito per ricollocarli a causa delle sovrapposizioni burocratiche che incontrano; ed ha riconosciuto la nostra proposta come una valida soluzione per la chiusura del cerchio di progettazione in tempi brevi.
Cinzia Garofoli
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