E adesso la battaglia sui tempi
FIRENZE – “Lento pede” come dicevano gli antichi. Non dimentichiamoci, in questa vicenda di straordinaria burocrazia ma anche di scontro di poteri locali, che la nuova pista per il “Vespucci” di Peretola era stata approvata dal consiglio regionale della Toscana nel luglio del 2014 e dall’Enac – l’ente nazionale che sovrintende agli aeroporti – nel settembre dello stesso 2014. Ci sono voluti dunque tre anni e passa perché la commissione ministeriale chiamata a valutare gli aspetti tecnico-ambientale del progetto abbia emesso il suo verdetto. Del quale Toscana Aeroporti (vedi a fianco) si dice contenta: ma che impone tanti e tali paletti da far pensare che ci vorranno ancora tempi indefiniti prima di poter davvero mettere mano alle ruspe.
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È il sindaco di Prato Matteo Biffoni, fortemente preoccupato per l’allungamento della pista, a mettere i puntini sulle “i”. Sottolinea infatti che le 142 prescrizioni cui la commissione tecnica ha subordinato l’ok alla pista comportino interventi tutt’altro che veloci: come, ad esempio, la deviazione del Fosso Reale “in un territorio a rischio idraulico elevato”.
Abbiamo scritto, anche di recente, che in un quadro internazionale legato allo sviluppo degli aeroporti, suona assurdo investire centinaia di milioni per potenziare un piccolo aeroporto quando a circa mezz’ora di treno veloce esiste un grande aeroporto senza limiti di lunghezza delle sue piste. Evidentemente però giocano sulla vicenda non solo aspetti strettamente tecnico-aeroportuali ma anche di immagine e commerciali. E gli investimenti sono fondamentalmente privati, di una Toscana Aeroporti che ha le spalle larghe. Si è anche ricordato che l’investimento su Peretola, secondo uno studio di Aci Europe, porterebbe 2200 posti di lavoro diretti creandone altri 8400 indiretti: una Manna dal cielo per un territorio che ha sete di lavoro più ancora che di aerei.
Prendiamo tutto per buono, dunque. Ma alla fine, se il progetto ha da realizzarsi, almeno ci risparmino l’agonia di anni e anni di balletti burocratici, e della prevedibile tragicommedia dei ricorsi e controricorsi. Presto e bene sembra impossibile in Italia: ma almeno possiamo sperare in “prestino”?
Antonio Fulvi
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