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E adesso l’ardua sentenza

LIVORNO – L’“Urania” va a pezzi e il bacino galleggiante si libera dall’ingombrante relitto. Bene, anzi hip-hip-hurrah come si dice in termini marinareschi. E adesso non ci resta che aspettare il ripristino del Mediterraneo e il suo ritorno alla funzionalità attraverso la tante volte annunciata gara per la gestione.

Tutto a posto? Piano. Anzi, pianissimo: che è il termine “principe” di tutta questa sciagurata vicenda. Ovvio che non sta a noi dare giudizi legali, e tantomeno entrare nel ginepraio tecnico-assicurativo-burocratico-legale che ha funestato l’intero iter. Ma con il cosiddetto giudizio del buon padre di famiglia – formula usata anche in magistratura – nessuno può esimersi dal ritenere che la faccenda sia andata troppo a lungo: troppo dannatamente a lungo.

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Un bacino di carenaggio che ha sempre lavorato a pieno ritmo, per quanto nato “zoppo” e mai collaudato al limite delle sue possibilità – e anche questo è abbastanza paradossale – è rimasto bloccato mesi e mesi facendo perdere lavoro importante, in tempi nei quali il lavoro vale assai più del semplice assicurare il pane quotidiano. La stessa Benetti è stata costretta a spese enormi per poter varare yachts che contavano sul Mediterraneo: addirittura mandando gli enormi scafi a La Spezia, su convogli marittimi costituiti da pontoni e rimorchiatori, per vararli lassù. Chi paga, chi pagherà questi enormi sovracosti?

Ed è normale che tutto questo si concluda semplicemente togliendo dal bacino il relitto?

Non entriamo poi nel ginepraio che riguarda il mega-bacino in muratura. Da anni è un relitto, e già più d’un lustro fa il RINA aveva certificato che sarebbe stato necessario investire più di 20 milioni per riadattarlo. Nel frattempo è collassata anche la barca-porta e il degrado è aumentato. Ci si chiede, legittimamente: anche a trovare i finanziamenti e i gestori, ha ancora senso un grande bacino a ridosso delle zone abitate e di un cantiere dove si fa refitting e costruzione di costosissimi yachts? Ai tecnici, ma anche agli amministratori della cosa pubblica, l’ardua sentenza…

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
25 Agosto 2018

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