Le leggi l’applicazione le scappatoie
ROMA – Adesso che Pasqualino Monti ha scoperchiato la pentola, si scopre che sul codice degli appalti anche coloro che l’hanno varato si sono accorti che non funziona. O peggio, che funziona come freno alle realizzazioni veloci che le emergenze richiedono.
È purtroppo l’ennesima riprova che non sono le leggi, le leggine e le “grida manzoniane” a impedire la corruzione: e che non esiste norma che non possa essere aggirata, se non si va davvero alla base dei problemi. Diceva un celebre umorista statunitense che “quando si riunisce il governo per una nuova legge, io corro a nascondere il portafogli”. Battuta memorabile, ma che dimostra come la fiducia nelle leggi e nelle pubbliche regole codificate, non è mai stata grande in tutto il mondo.
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Siamo il paese della imbattibile corruzione? Ci meritiamo le celebri copertine di “Der Spiegel” con la pistola sugli spaghetti e il governo dei mandolini? Certamente no: Però codici come quello che Monti impallina non aiutano, anzi favoriscono chi, alla fine, riesce sempre a trovare la scappatoia. La soluzione non è nei codici, ma nell’etica pubblica e privata di un paese dove le leggi, come sosteneva Andreotti, per i nemici si applicano e per gli amici si interpretano. Cambieremo mai?
Antonio Fulvi
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