“Cold ironing” e porti italiani: rilanci, dubbi e rilievi sui costi
ROMA – Che succede al programma europeo di “elettrificare” i porti per consentire alle navi di spegnere i motori a banchina? L’unico scalo nazionale che ha realizzato ad oggi un impianto funzionante, Livorno, l’ha visto utilizzato solo un giorno, con il collaudo affidato a una nave militare, poi, il deserto dei tartari. Cioè la vana attesa di qualche nave capace di collegarsi. Pare che non ce ne siano, o almeno che non frequentino le nostre acque o non abbiano apparati compatibili. Nel frattempo, anche Genova annuncia che sta per realizzare un analogo impianto – affidato alla stessa società che ha fatto quello livornese – per ottemperare alle disposizioni europee e nazionali sui porti “green”. Sarà, se non sbagliamo, il secondo porto italiano ad avere il “cold ironing” come l’hanno chiamato in gergo. Ci aveva provato anche Venezia, ma pare che dal calcolo tra costi e benefici abbia dedotto che è meglio rifletterci sopra. Tra l’altro ci sono problemi anche di compatibilità perché non tutte le navi – in teoria possibili clienti del “cold ironing” – hanno apparati elettrici compatibili con la fornitura da terra. Insomma, l’impressione è che si stia sollevando il coperchio di un vaso di Pandora. O che si faccia del terrorismo…
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A confermare che ci sarebbero problemi arriva un’indiscrezione da Roma, relativa all’impianto realizzato a Livorno. La Corte dei Conti avrebbe deciso di verificare la procedura relativa al “cold ironing” livornese, non tanto sul piano della legittimità degli atti – su cui non si discute – quanto sul mancato utilizzo di una struttura importante che è costata fior di milioni di fondi pubblici ed è di fatto ancora vergine di utilizzo.
Difficile capire se l’indagine si possa – o debba – estendere all’intero programma del “cold ironing” italiano, metta in dubbio anche gli eventuali vantaggi economici ed ambientali del programma stesso, o si fermi – ammesso che le indiscrezioni siano confermate – alla realtà livornese. È interessante avere invece la conferma che Assoporti fin dall’estate scorsa ha sottoscritto un accordo con Enel X per far sbarcare la mobilità elettrica nei principali porti italiani, attraverso la sistemazione di 300 punti di ricarica per veicoli elettrici. È scritto nell’accordo che saranno dotati di colonnine di ricarica veloce (sistema Multi-vendor) tutti i principali porti dei quindici “sistemi”. Zeno D’agostino, parlando del protocollo, ha comunque sottolineato che è mirato “ad incentivare l’uso dell’auto elettrica all’interno dei porti”. Non si parla di “cold ironing”. È solo un caso?
A.F.
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