LIBRI RICEVUTI – “Capri” tra ricordi e vedute – di Lucio Fino
Ci sono libri e libri. E forse classificare solamente libro quel capolavoro editoriale che è questa strenna della Grimaldi, tirata in sole 999 copie su 200 pagine di ricchissima carta con altrettanto splendide stampe del XVII, può apparire limitativo. Oltre alla sontuosità del formato, della stampa e della stessa custodia cartonata, vi si legge la passione vera di Marzio Alfonso Grimaldi che ne ha curato personalmente la nascita e lo sviluppo.
Capri è l’isola delle sirene, è l’incanto dei nostri mari. E bene è stata scelta nell’incipit la poesia che Pablo Neruda le dedicò nel 1954 (“Chioma di Capri”, nella raccolta “L’uva e il vento”). Capri è poesia anche nella prosa che in queste splendide pagine raccoglie ricordi di viaggio di grandi personaggi e vedute di altrettanto grandi artisti con il comune denominatore della meraviglia. E con quel senso di languore davanti al bello che non s’attenua nemmeno in alcune pitture drammatiche (“Naufragio a Capri”, pag. 102, dal museo di Oslo) (“Mare in tempesta”, pag. 54, collezione privata Roma).
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Certo, Capri era una Capri diversa quando i grandi personaggi del passato la visitavano, dolcemente selvaggia e proprio per questo genuina. Ma già qualcuno aveva intravisto i danni che una trasformazione in mito turistico, e per questo super-sfruttato, avrebbe provocato. Charles Dickens Jr. nel 1890 pubblicò il resoconto di un suo viaggio a Capri (pag. 121) in cui descrisse il fastidio dei venditori ambulanti di souvenir che assalivano i turisti allo sbarco del traghetto: turisti già molestati sul traghetto da suonatori di mandolini e chitarre che pretendevano poi con petulanza una questua. Piccole molestie forse, in vista dello spettacolo grandioso di quest’isola benedetta dalla natura: ma sempre molestie.
Per fortuna, molti grandi personaggi richiamati in queste belle pagine passarono ben oltre le schizofrenie di Dickens Jr. per capire l’isola, la sua gente, il suo retaggio storico e di leggenda. Le immagini poi meritano da sole il titolo oggi abusato di “grande bellezza”. Una per tutte, quella in chiusura del volume, a pag. 195, con la straordinaria “Testa di ragazza caprese” dell’artista Sargent J. (Art Museum di Denver) che è un inno non solo alla grazia, ma anche all’introspezione della gioventù femminile in un’isola che ancora non era un mito.
A.F.
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