L’Adriatico della più bella nautica: tradizioni antiche, tecniche d’oggi
RIMINI – Dobbiamo partire da ben prima che la riviera romagnola diventasse il cuore del boom della nautica italiana, in particolare per la vela. Dobbiamo partire dai bragozzi, le tipiche barche da trasporto dell’Adriatico settentrionale, o dai “topi” della laguna veneta, anch’essi dotati di una grande vela (che non risparmiava la fatica dei remi quando il cento non bastava). Chi ha studiato un pò di storia della marineria, ricorderà poi i selvaggi Uscocchi, terrore dell’Adriatico nel cinquecento, che con veloci e leggere imbarcazioni a vela e a remi razziavano indifferentemente cristiani e musulmani. Della serie: l’Adriatico è sempre stato un mare di vele e di marinai.
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Saltiamo negli anni settanta/ottanta del secolo scorso, un elenco lungo e variegato: cantieri come la Comar di Forlì con Renzo Zavatta, il Sartini, la Classis di Bibi Guerra a Godo di Romagna, la grande Ferretti dei fratelli Alessandro e Norberto – oggi saldamente in mani cinesi, ma che rispettano l’italian style con il presidente Tan Xuguang “romagnolizzato” al massimo – e ancora i CRA, Camuffo di Chioggia, Poggetti, Mochi Craft, Zaniboni e tanti altri, hanno trasferito l’anima dei marinai adriatici nella nautica da diporto. Non c’è da meravigliarsi se le sfide più importanti del mondo hanno visto partecipare una barca, il celebre e sfortunato “Moro di Venezia” di Raoul Gardini, proprio in nome dell’Adriatico.
Oggi il mondo della nautica si è molto ridimensionato, ma le fusioni, le aggregazioni e le nuove tecnologie hanno contribuito a guadagnare in qualità quello che si è perso in quantità. Spicca il gruppo Ferretti – capitale cinese, come abbiamo già detto, ma pieno rispetto dei valori dell’italian style – che si è allargato dagli iniziali motorsailer ai grandi motoryachts, e che sta conquistando mercati internazionali importanti. Singolare, come contropartita, la scelta della Croazia di adottare per alcuni anni, come barche ognitempo per la sua Guardia Costiera, i Calafuria 10 metri del cantiere livornese Catarsi. Segno che gli scambi culturali hanno funzionato già da allora, con reciproci apprezzamenti. Perché i cantieri nautici della vela sono ormai anche nella sponda est, con molte ispirazioni che vengono dalla nostra parte, ma fanno tesoro di esperienze secolari.
L’Adriatico nautico, dunque, come valore aggiunto. E il forte aumento delle crociere in area adriatica conferma l’appeal di un mare che ha l’orgoglio anche dei suoi marinai. Non c’è bisogno di andare a Cesenatico dove nel canale lampeggiano di colori le vele e gli scafi di tanti legni storici. Ancora e Ravenna, i tanti porti-canale intorno ai quali si sono sviluppati centri nautici attrattivi per italiani e stranieri, sono richiami che le comunità hanno saputo intelligentemente valorizzare. Come la “Barconana” di Trieste, che è diventato uno degli appuntamenti velici più imponenti e festosi d’Europa, come le flotte dei “vongolari”, aperti ormai anche al turismo a bordo. E via così. Il mare degli eroi della nostra prima guerra mondiale è diventato il mare delle opportunità e della libertà alla Baudelaire. Ricordate? “Uomo libero, tu amerai sempre il mare”. Vogliamogli bene, davvero, al nostro Adriatico selvaggio con la bora e dolcissimo con le brezze occidentali.
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