L’angolo (del) marittimista – Il Regolamento UE 2017/352 su trasparenza finanziaria e servizi portuali
Il nostro collaboratore dottor Luca Brandimarte. junor advisor for UE and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il regolamento europeo che entrerà in vigore il prossimo 24 marzo.

Luca Brandimarte
ROMA – Agli inizi del 2017, segnatamente in data 23 gennaio, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato il Regolamento UE 2017/352 che «istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti». I principi posti in essere dal nuovo Regolamento, in materia di accesso al mercato dei servizi portuali e di trasparenza finanziaria nei porti, dovranno essere applicati, nei porti europei a partire dal prossimo 24 marzo.
Posto che il Regolamento in parola, rappresenta ad oggi un testo normativo fondamentale per l’intera «industry» dello shipping, ci limitiamo a fornirvi qui di seguito – per evidenti ragioni di sintesi che questa sede ci impone – una breve descrizione dei suoi contenuti, accompagnata da alcune riflessioni sul tema.
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Il Regolamento ha voluto disciplinare alcune tematiche ritenute particolarmente rilevanti mediante la previsione di: (i) una serie di obblighi incentrati sulla rendicontazione e sull’efficiente utilizzo dei fondi pubblici, con l’obiettivo di garantire la trasparenza finanziaria dei singoli porti; (ii) un quadro normativo di riferimento per l’organizzazione e la gestione di alcuni aspetti dell’attività di fornitura dei servizi portuali da parte degli enti competenti.
Quanto al primo dei due punti sopracitati, anche alla luce di quanto riportato nella relazione accompagnatoria della proposta iniziale della Commissione Europea, la necessità di intervento a livello comunitario parrebbe risultare dalla circostanza secondo cui, ad oggi, gli investimenti privati all’interno dei singoli scali portuali sarebbero spesso rallentati sia dalla mancanza di regole precise e vincolanti in merito alle modalità di assegnazione dei fondi pubblici ai singoli porti, sia da una evidente carenza informativa sugli oneri che compagnie di navigazione debbono corrispondere per l’utilizzo delle relative infrastrutture portuali.
Ecco allora che, per tentare di risolvere le problematiche sopracitate, la normativa comunitaria in esame definisce, in primo luogo, il concetto di «Trasparenza finanziaria» riferendosi alla necessaria completa indicazione dei fondi assegnati dalle autorità pubbliche, non solo agli enti di gestione del porto, ma anche ad altri enti che eventualmente svolgano servizi portuali finanziati con fondi di natura pubblica.
Lo scopo della previsione di tale obbligo, dunque, parrebbe essere quello di «individuare» tutte le erogazioni a favore degli enti di gestione dei porti di natura pubblica e, attraverso la necessaria indicazione dello scopo per cui le stesse sono state assegnate, permettere un’attenta verifica sul loro effettivo impiego.
Il nuovo Regolamento prevede inoltre che, anche solo su semplice «richiesta», da parte dell’autorità pubblica statale, l’ente di gestione del porto debba fornire alla medesima tutte le informazioni sopra esposte, nonché ogni altra informazione ritenuta necessaria al fine di valutare, sia il rispetto delle previsioni del Regolamento in esame, sia il rispetto della normativa europea in materia antitrust. Da ciò emerge, il chiaro obiettivo dell’Europa di tentare di responsabilizzare maggiormente gli Stati Membri rispetto all’erogazione e all’impiego di fondi pubblici in favore dei rispettivi porti nazionali.
Inoltre, la normativa comunitaria in esame si preoccupa di stabilire un quadro normativo di riferimento applicabile in materia di fornitura di servizi portuali.
A livello generale, non parrebbero essere imposti modelli di gestione dell’infrastruttura portuale, tuttavia, dovrebbero essere adottate regole sia in materia di «safety», sia in materia di «security» al fine di garantire maggiormente l’efficienza dei servizi portuali resi.
Tuttavia, qualora l’ente di gestione intenda stabilire dei requisiti minimi per i fornitori dei servizi portuali, questo dovrà identificarli in maniera «trasparente, proporzionata e non discriminatoria», attenendosi a quanto previsto dal Regolamento, tenendo altresì conto della capacità del prestatore di erogare i propri servizi a favore di tutti gli utenti. L’ente in questione, da ultimo, dovrà provvedere alla verifica della sussistenza di detti requisiti sino alla scadenza del diritto di prestare il servizio portuale di interesse. Il tutto, con l’evidente obiettivo di garantire il libero accesso al mercato dei servizi portuali da parte degli utenti operanti nel porto.
In conclusione, alla luce di quanto sopra esposto, appare chiaramente come il Regolamento UE 2017/352 rappresenti, ad oggi così, un testo normativo di grande importanza per l’intera industria marittima. Pertanto, segnaliamo come, a nostro avviso, le norme in esso contenute, rappresentino un termine di paragone essenziale anche per il nostro legislatore e per tutte le Autorità di Sistema Portuale italiane che, nella propria produzione normativa e regolamentare, dovranno uniformarsi sia al principio, sia al testo letterale delle disposizioni contenute nel Regolamento UE 2017/352.
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