Caso Livorno: avanti adagio tra Tar e Procura
LIVORNO – Forse parlare del porto labronico che si è convertito al “modello Piombino” è un pò una forzatura. Eppure è quanto hanno scritto nei giorni scorsi le cronache, dopo la decisione, assunta in un vertice a palazzo Rosciano, di affrontare la mina vagante delle concessioni provvisorie degli accosti pubblici a riunione pressoché settimanale con tutte le componenti del cluster portuale. Un sistema in vigore a Piombino da anni, che a quanto pare funziona ed ha evitato tutti i guai del “caso Livorno”. Compresa la spada di Damocle della procura della Repubblica appesa ormai da troppo tempo su palazzo Rosciano e su tutta l’operatività dello scalo.
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L’utilizzo delle banchine pubbliche per le operazioni di sbarco e imbarco è stata nel frattempo oggetto di una nuova ordinanza dell’AdSP che ne ha delimitato alcuni aspetti in precedenza considerati troppo vaghi. Uno dei punti focali è che la richiesta di accosto non può più essere “spot”, ma va programmata e con parecchie clausole. Non aiuta, ovviamente, traffici come quelli di Grimaldi che a volte non trovano all’ultimo minuto l’accosto sul terminal Sintermar. Ma già Grimaldi è ricorso al Tar contro il mancato rinnovo della concessione provvisoria in Darsena Toscana; ed in attesa del dibattito sul merito fissato per la prossima settimana, il Tar ha concesso la sospensiva. Insomma, il “caso Livorno” continua ad essere un caso, malgrado il modello Piombino. Per dirla come a bordo, avanti adagio, quasi indietro.
Antonio Fulvi
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