Infrastrutture e spedizionieri (con il rischio degli oligopoli)

Silvia Moretto
MILANO – Silvia Moretto, prima donna alla presidenza nazionale di Fedespedi, ci ha cortesemente concesso un’intervista sui temi più significativi del comparto. Eccone il testo.
Presidente, parliamo di infrastrutture: quali le fondamentali in mare, terra e per il cielo?
Tenendo conto che quasi il 60% del nostro export è verso i Paesi Europei, le infrastrutture prioritarie sono le linee di adduzione ai principali valichi alpini, in particolare quelli sulla direttrice Nord-Sud (Sempione, Gottardo e Brennero). Fondamentale anche la sistemazione delle infrastrutture ferroviarie dell’ultimo miglio intorno ai porti, assolutamente necessarie per rendere maggiormente competitiva la modalità ferroviaria rispetto a quella stradale e per permettere l’ampliamento degli inland portuali, soprattutto nel caso dei porti del Nord Tirreno e Nord Adriatico. Rispetto al cargo aereo, attendiamo l’esito degli interventi programmati di sviluppo di Cargo City a Malpensa come di quelli destinati al miglioramento delle attività merci all’aeroporto di Fiumicino.
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Cargo aereo: l’Italia sta “scoprendolo” e in quali prospettive?
Il cargo aereo è una modalità strategica per l’Italia, soprattutto per alcuni settori di punta della nostra economia, come il Made in Italy e il pharma. Basti pensare che in Italia la quota del cargo aereo rispetto a tutte le modalità di trasporto è pari al 2% di tonnellaggio, che però costituisce oltre il 20% del valore complessivo delle merci movimentate. Credo che gli aeroporti italiani, in particolare Malpensa, possano crescere quali hub di riferimento del cargo aereo per Sud Europa e Mediterraneo. Questo creerà grandi opportunità per le imprese di spedizioni e aumenterà l’appeal logistico del nostro Paese.
Concordo con Marina Marzani (presidente di ANAMA, affiliata a Fedespedi) quando sostiene che sarà fondamentale nel prossimo futuro ripristinare un tavolo di lavoro con il Governo per lavorare sulla riduzione delle frammentazioni nell’offerta, sulla creazione di poli logistici in prossimità delle infrastrutture e sulla semplificazione delle procedure di controllo per garantire facilità di accesso al traffico e-commerce.
Sistemi logistici nazionali, come farli funzionare meglio?
Forse più che di sistemi logistici nazionali, in Italia dovremmo parlare di aree con una forte presenza dell’industria logistica. Pensiamo, ad esempio, all’asse che va da Novara a Padova, passando per Milano, Brescia e Verona, strettamente legato alle attività manifatturiere presenti nel triangolo Lombardia, Veneto ed Emilia e collegate con i mercati internazionali da una serie di porti gateway (Genova, La Spezia, Livorno, Venezia). Nel Sud, pensiamo all’importanza per l’industria meridionale dei servizi logistici e di spedizioni erogati dalle nostre imprese, presenti nelle aree di Napoli, Salerno da una parte e di Bari dall’altra.
Per un loro miglior funzionamento è importante risolvere il problema infrastrutturale, ma ancor più occorrerebbe semplificare il funzionamento del sistema, che genera complessità di procedure, lentezza ed incertezza che mal si coniugano con le esigenze e le tempistiche delle scelte imprenditoriali. Ritengo che grande attenzione debba essere posta agli aspetti immateriali quali leggi, regolamenti, procedure.
Riflessi di una Hard Brexit sulle spedizioni nazionali?
Non sappiamo ancora come si evolverà la vicenda Brexit, ma l’eventualità “no deal” creerebbe enormi problemi organizzativi sul piano doganale. Fedespedi è impegnata a fianco delle istituzioni – in primis l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – e di Confetra per individuare iniziative che limitino le conseguenze negative della Brexit, a difesa del nostro export, dal momento che la Gran Bretagna, con 20 miliardi di export, è il 5° Paese di destinazione delle nostre esportazioni.
Nonostante questo, nella Brexit vedo anche un’opportunità: la possibilità che alcune imprese manifatturiere e di servizi presenti oggi in UK decidano di spostare in parte le loro attività e le loro sedi sul territorio dell’UE. L’Italia potrà giocare un ruolo chiave se saprà puntare alla semplificazione per attrarre gli investitori esteri.
Come giudica l’offensiva dei grandi gruppi armatoriali a terra anche sulla gestione dei terminal?
Il Consortia Block Exemption Regulation – che oggi le shipping line stanno premendo per prorogare con un anno di anticipo, prima delle scadenze di mandato di Parlamento e Commissione europei – ha favorito il crearsi di tre grandi Alleanze del trasporto marittimo container, che oggi movimentano il 95% della merce lungo le rotte Far East – Europa – USA.
In merito, condivido l’analisi dell’ITF/OECD, secondo cui la deroga alla normativa europea antitrust – in vigore ormai da 15 anni – se da una parte ha consentito il riequilibrio dell’offerta di stiva e la riduzione dei noli, dall’altra non ha portato ad una qualità migliore del servizio e soprattutto ha determinato un forte squilibrio (unfair imbalance) nelle dinamiche di mercato tra gli attori principali della supply chain, favorendo tendenze oligopolistiche.
Fenomeno che oggi si sta espandendo dal mare alla terra, verso altri ambiti della filiera logistica: spedizioni, trasporto (flotte di tir e treni), terminal e gestione degli interporti e dei retroporti. In un Paese come il nostro, con decine di porti commerciali che movimentano il 67% del commercio nazionale e un sistema industriale composto per l’85% da PMI, queste situazioni oligopolistiche – distorsive rispetto ad un corretto funzionamento del mercato – se confermate, rischiano di mettere a dura prova la permanenza sul mercato di intere categorie imprenditoriali. Per questo in dicembre abbiamo espresso all’Unione Europea la nostra posizione contraria alla conferma “tout court” (oltre il termine ad oggi previsto, del 25 aprile 2020) delle attuali deroghe alla normativa antitrust per i Consorzi tra le compagnie di navigazione, in linea con Confetra e con i principali stakeholder della catena logistica a livello europeo.
A.F.
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