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Quei ponti dei sospiri…

Nelle foto: Il rendering del ponte sullo stretto di Messina.

LIVORNO – Cominciamo subito con gli scongiuri: perché disquisire di ponti e di sospiri, dopo la tragedia di quello genovese di Morandi, a chi crede nella cabala può creare patemi. D’altra parte la storia patria c’insegna che il “ponte dei sospiri” non è solo quello celebre di Venezia, che per portare alle terribili carceri dei Piombi corrispondeva al dantesco “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”. Ponti, strade, viadotti e – perché no? – opere pubbliche come le grandi infrastrutture sono, nel nostro Paese, perenni oggetti di sospiri.

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Scusatemi questo tedioso incipit. Il problema è che mentre da qualche parte, in Sicilia ma non solo, si torna a riesumare dai cassetti il progetto berlusconiano del ponte sullo stretto di Messina, più vicino a casa nostra, a Livorno, si è rilanciato quello di un ponte levatoio – o girevole – sulla foce dello Scolmatore dell’Arno, che dovrebbe consentire di tombare lo sbocco del canale in Darsena Toscana e finalmente dare alla futura Darsena Europa un accesso ferroviario e superstradale libero da poco nobili interrompimenti. Ma su entrambi i progetti, è già polemica. Vediamo perché.

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Il ponte di Messina è il paradigma della peggior programmazione all’italiana. E non dimentichiamo che la tecnologia nazionale ha realizzato viadotti su stretti di mare altrettanto significativi, come sul mare del Nord e sul Bosforo per citarne solo due.

L’impegno di realizzare il ponte sullo Stretto nasce addirittura cinquant’anni fa. Allora si invitarono i migliori strutturisti internazionali in un concorso di idee bandito dal Ministero dei Lavori Pubblici. Alcuni intuirono già allora che la soluzione a campata unica sospesa era rischiosa per le particolari condizioni geologiche e dinamiche che caratterizzano lo Stretto. Che, a dispetto del nome, è un tratto di mare dalle dimensioni ragguardevoli – 3,2 km di ampiezza – per cui servono accorgimenti tecnici e strutturali particolari. Di 143 progetti presentati ne vinsero ex-aequo sei primi e sei secondi, Poi il governo Berlusconi ne indicò uno, che è rimasto però nei cassetti, pur costandoci da allora quasi come la realizzazione, per le penali che ancora decorrono. Termini tecnici: lunghezza 333 metri, altezza 400 metri, luce massima 3.330 metri. Un’opera grandiosa, com’è grandiosa ad oggi la polemica che ancora l’accompagna.

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Il ponte del Calambrone, periferia nord del porto di Livorno, è molto più modesto, perché attraversa lo sbocco al mare dello Scolmatore dell’Arno su cui confluisce anche il Canale dei Navicelli da Pisa. È un viadotto di poco più d’un centinaio di metri, sciaguratamente costruito a pelo d’acqua (ci passerebbero sotto solo i gommoni, se la foce non fosse stata spesso insabbiata a pochi centimetri dal pelo della superficie) che assicura il collegamento stradale tra Livorno e Tirrenia, perennemente intasato nella buona stagione per il turismo balneare. Si è dissertato a lungo sulla necessità di rendere la sua luce più alta per far passare gli yacht e le navi fluviali destinate sia alla darsena di Pisa sia a Camp Darby, che oggi devono necessariamente transitare per la Darsena Toscana. Lo sbocco diretto sul mare libererebbe la Darsena Toscana dalla servitù e farebbe eliminare i due sciagurati ponti levatoi (stradale e ferroviario) che rendono tanto costoso in termini di tempo e di soldi l’accesso al terminal Darsena Toscana: e che alla situazione d’oggi rendono anche ridicolo ogni progetto di realizzare un grande terminal contenitori in Darsena Europa.

Come abbiamo riferito anche di recente – dopo lunghe campagne su queste colonne per affrontare il problema, campagne che ci sono costate qualche insofferenza anche del presidente della Regione Enrico Rossi – l’AdSP ha recentemente inserito nella programmazione 2020/2023 la soluzione del ponte del Calambrone scegliendo la via tecnicamente più rapida e meno costosa di sostituirne la parte centrale con un settore levatoio (o girevole). Così passerebbero le navi dirette a Pisa (grazie anche al dragaggio della foce e del suo ingresso ai preannunciati 3,5 metri) e si potrebbe finalmente tombare lo sbocco delle acque del Canale e dello Scolmatore in Darsena Toscana, dando un accesso molto più veloce e quantitativamente moltiplicato al TDT e alla futura, auspicata Darsena Europa.

È una buona soluzione quella del tratto centrale mobile del ponte del Calambrone? Meglio di niente, non c’è dubbio. Ma dire che è la migliore soluzione è troppo. Il presidente dell’Asamar Enrico Bonistalli più di un anno fa aveva suggerito una soluzione molto più razionale, quella di deviare il tratto stradale del Calambrone fino a un nuovo ponte alto quanto il viadotto dell’autostrada più a monte: progetto intelligente e apprezzato, ma che ha avuto il torto di costare di più e di cozzare contro certi provincialismi (parco, aree private, forse gelosie). Morale, si farà – speriamo, (almeno…) il ponte mobile, con conseguenti solite colonne di auto verso e da Tirrenia. Ponti dei sospiri non solo a Venezia…

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
6 Novembre 2019

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