L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Imposte tributarie locali: il caso dell’IMU nei porti

Luca Brandimarte
Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, junior advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante le imposte tributarie locali.
ROMA – Il corretto accatastamento dei beni immobili in ambito portuale rappresenta un argomento storicamente rilevante per gli operatori portuali (ed in particolare per il terminalismo), con evidenti riflessi sulle attività degli stessi, sia in termini pratici, sia economici.
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In particolare, sotto il profilo strettamente finanziario, tale tematica non può che essere strettamente correlata alla annosa questione del pagamento della cd. “Imposta Municipale Unica” (“IMU”) nelle aree portuali.
Ecco che, all’interno di un già complesso panorama legislativo disciplinante le imposizioni tributarie sui beni demaniali, la cd. “Legge di Bilancio 2018” (e cioè la legge n. 205 del 27 dicembre 2017) è intervenuta modificando la precedente normativa introducendo nuovi criteri di identificazione catastale dei beni immobili situati all’interno di scali portuali di rilevanza economica nazionale ed internazionale di competenza delle Autorità di Sistema Portuale (“AdSP”).
Quanto sopra, nel tentativo di riordinare pro-futuro il regime delle imposte tributarie locali (i.e. IMU) in ambito portuale.
In particolare, l’Articolo 1, comma 578 della Legge di Bilancio, ha stabilito che – a decorrere dal 1° gennaio di quest’anno – le banchine e le aree scoperte degli scali portuali, aventi le sopracitate caratteristiche, adibite alle operazioni e ai servizi portuali nonché al servizio passeggeri, debbano intendersi quali immobili a destinazione particolare, da censire al catasto nella categoria E/1, anche se affidati in concessione a privati.
In sostanza, a far data dal 01.01.2020, la norma ha specificato, inter alia, che le aree scoperte e le banchine sono esenti dal pagamento dell’IMU a condizione che siano: (i) adibite ai servizi e/o alle operazioni portuali; (ii) ricomprese all’interno delle aree perimetrate dal Piano Regolatore di Sistema Portuale (ex-P.R.P.) di porti aventi rilevanza nazionale ed internazionale rientranti nell’ambito della giurisdizione amministrativa delle AdSP.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con apposita Circolare nel corso del 2019, al fine di meglio chiarire la portata applicativa della norma contenuta nella citata Legge di Bilancio, rifiutando una “interpretazione autentica” della stessa e precisando che la sua applicazione sia da intendersi solo pro-futuro (a far data cioè dal 1° gennaio di quest’anno).
Il tutto con la conseguenza che, con riferimento al periodo antecedente all’entrata in vigore della citata norma, neanche le aree scoperte aventi le caratteristiche di cui sopra possono essere considerate esenti dal pagamento del tributo.
Va da sé come tale interpretazione della normativa comporti una serie di implicazioni e contribuisca a generare incertezze per i terminalisti in merito ai molteplici procedimenti tributari ad oggi in corso su tale tematica.
Alla luce di quanto sopra, tuttavia, una cosa è certa: se da un lato la Legge di Bilancio 2018 e i chiarimenti di cui alla citata Circolare specificano una volta per tutte quali siano gli immobili accatastabili sotto la categoria E/1 – e quindi esenti dal pagamento dell’IMU (anche in ambito portuale) – con un potenziale beneficio in termini economici per gli operatori di settore, dall’altro lato, tale previsione potrebbe indurre la magistratura a considerare non esenti dal pagamento del tributo i beni sopracitati, nei ricorsi pendenti, fino al 31.12.2019.
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