Bacini di carenaggio e amarezze
Dal lettore avvocato Enrico Longhi riceviamo:
Caro direttore, ho letto con interesse il suo articolo “E Livorno? Aspetta e spera” dove riferisce gli investimenti per la cantieristica e le riparazioni navali a Palermo e non a Livorno; e capisco benissimo che le “girino un po’ le scatole” per la fine che ha fatto il bacino di Livorno.
Si figuri quanto girano agli imprenditori ed ai lavoratori delle riparazioni navali di Livorno che, o sono emigrati, o hanno chiuso bottega.
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Lei dice che il bacino è in malora, ma non dice chi ce l’ha mandato in malora, e soprattutto non dice che è stato proprio l’attuale aggiudicatario della gara. Lo dico io allora, sulla base di prove e fatti incontrovertibili, come da cronistoria che allego.
A questo punto i ritardi per la consegna ai vincitori della gara possono fare ben pochi danni. Lei davvero crede che Azimut restituirà il bacino all’attività di riparazioni navali dopo che per quasi vent’anni ha fatto di tutto per eliminarle dal porto di Livorno? Se e quando entrerà una nave mercantile nel bacino grande sarò lieto di offrirle una bottiglia di prosecco.
Cordiali saluti Enrico Longhi
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Caro avvocato, il bando di gara dell’AdSP stabilisce che l’aggiudicatario del sistema bacini livornesi dovrà rimettere il tutto in condizioni di operare per “tre gambe” di servizi: grande nautica, piccole e medie navi. Speriamo con lei di vedere quanto prima entrare per lavori anche una nave mercantile, sebbene la rimessa in sesto del bacinone (“l’innominato”) richiederà tempi lunghi e milioni di euro. Conto dunque sul prosecco, se ancora ci sarò. In quanto alle responsabilità che hanno portato alla brutta fine del bacinone, c’è una storia infinita che si trascina da anni, ma senza aver mai definito – a quanto ci risulta – ne colpe ne imbrogli. Nel suo allegato, che teniamo a disposizione degli eventuali interessati, ci sono elementi interessanti ma non prove. E noi preferiamo oggi guardare avanti che non indietro.
A.F.
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