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La gente di mare vessata dalle leggi

Dall’ufficiale di macchina della marina mercantile Antonio Crea riceviamo questo amaro richiamo sulle problematiche dei marittimi in tempi di Covid:

Non è la “Convenzione Internazionale STCW” ad aver creato confusione e incertezza tra i nostri marittimi nazionale italiani, ma un’amministrazione che negli anni invece di semplificare e migliorare le cose ha peggiorato e ingarbugliato un settore tanto importante del nostro paese: quello della gente di mare.

Questa situazione si vede dai ritardi del recepimento della normativa internazionale dalla convenzione ilo-mlc 2006 sul lavoro marittimo nota come “carta dei diritti della gente di mare”. Dei decreti legge degli ultimi anni è rispettata solo in minima parte: peggiorativi e discriminanti molti elementi, a cominciare dai centri di addestramento per la formazione dei marittimi con costi dei numerosi corsi non allineati tra un centro e l’altro.

Altra mazzata è stata l’istituzione del “corso direttivo” per ufficiali di coperta e macchine: in mancanza di quest’ultimo non si può conseguire la professione di 1° ufficiale di coperta e macchina mentre in precedenza bastavano soltanto i mesi di navigazione svolti. Discriminatoria anche la cancellazione dei “titoli professionali” di capitano di lungo corso e capitano di macchina, col decreto ministeriale del 30 novembre 2007 (qualifiche e abilitazioni per il settore di coperta e macchine per gli iscritti alla gente di mare). La trasformazione degli istituti tecnici nautici in istituti tecnici di logistica ha favorito le accademie del mare e penalizzato gli allievi che non possono frequentare quest’ultime. Altra cosa ancora: tutt’oggi il lavoratore marittimo non è messo nelle condizioni di poter esercitare un proprio diritto ch’è quello di votare e poter partecipare alla vita democratica del proprio paese.

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Tutte queste cose, hanno complicato la vita dei lavoratori del mare, l’hanno resa insostenibile. Il vero problema per i nostri marittimi è la legge del loro stesso paese, discriminante rispetto a quanto applicato nel resto del mondo. Colpa della mancanza del “Ministero della marina mercantile” soppresso e accorpato all’allora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, oggi Ministero Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile: che si dovrebbe occupare della gestione e delle problematiche di un settore sconosciuto a tanti, malgrado che più del 90% delle merci che ci ritroviamo nella vita di tutti i giorni viaggia su mare contribuendo anche alla crescita economica del nostro paese.

Talvolta il Ministero e gli uffici si contraddicono tra di loro, e le Capitanerie non applicano sempre in maniera uniforme e con corretta interpretazione le direttive in tutte le loro sedi. Le responsabilità rimbalzano da una parte all’altra di svariati uffici creando disagio a noi lavoratori del mare. Questa è una vera e propria emergenza perché l’applicazione nostrana della “Convenzione Internazionale STCW”, ha già provocato danni, mettendo a rischio la carriera di tanti professionisti e in taluni casi facendo perdere il lavoro ai tanti padri di famiglia.

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Le considerazioni espresse in questa amara nota sono solo una sintesi delle problematiche nelle quali si dibattono i marittimi, dagli ufficiali all’ultimo mozzo. Ci siamo sempre fasciati la testa con l’Italia “paese di Santi e navigatori” ma come dice giustamente Crea lo storico Ministero della marina mercantile è stato da tempo trasformato in un insieme di uffici che di mare si occupano al minimo storico. Tutto ciò malgrado anche alla nascita del nuovo governo tutto il cluster marittimo avesse a gran voce richiesto che fosse riesumato. Che aggiungere alle giuste considerazioni del nostro lettore? Che forse anche i sindacati di settore dovrebbero farsi sentire di più: perché dalle navi, e dai marittimi che ne sono il sangue, vengono la vita del Paese e lo sviluppo delle sue risorse.

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Pubblicato il
14 Aprile 2021

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