Su Trieste la Cina non risponde…
Da Giancarlo Lancellotti di Fucine riceviamo:
“È un vero peccato che l’ambasciatore cinese non abbia colto l’occasione di rispondere alla mia richiesta di precisazioni sulle intenzioni della Cina verso il porto di Trieste e verso i Balcani Occidentali. Erano domande estremamente concrete, pertinenti e utili a chiarire lo specifico dell’approccio cinese agli investimenti nell’Unione Europea e nei Paesi immediatamente adiacenti, dove l’attivismo della Cina è un dato di rilievo geopolitico”. Così la senatrice Tatjana Rojc (Pd), componente della commissione Affari esteri a Palazzo Madama, al termine dell’audizione davanti alle Commissioni Congiunte Affari Esteri e Politiche dell’Unione Europea dell’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese a Roma Li Junhua, avente per tema l’accordo quadro sugli investimenti tra UE e Cina.
“Il dialogo con la Cina deve proseguire ed essere implementato da parte di una UE solida nei suoi principi ma – ha precisato Rojc – su un terreno d’incontro che non può essere lo scambio business contro diritti”.
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Il richiamo della senatrice Rojc riportato qui sopra dal nostro lettore fa parte di un complesso sistema di relazioni sia economiche che politiche sulle quali è arduo cercare di raccapezzare i veri fili conduttori. Non va dimenticato che per molti aspetti il porto di Trieste è un diretto concorrente con quello del Pireo, sul quale la Cina ha investito e sta investendo a piene mani. Il quadro potrebbe essere ancora più chiaro riportando le relazioni degli specialisti cinesi dello shipping, secondo le quali il prossimo futuro della Road Silk marittima privilegerà la rotta dell’Artico rispetto al passaggio da Suez. Sono tutte ipotesi, ma è chiaro che l’Italia, essendo uno dei primi paesi europei ad accogliere i progetti cinesi per la “Via della Seta”, ha il diritto e il dovere di chiarire quello che viene proposto per i propri porti; Trieste per primo, proprio per le sue potenzialità verso il centro ed est Europa ma non solo.
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