“Luna rossa”: quanti miliardi spesi…

Ci scrive Sergio Zani da Trieste:

L’avventura della Coppa America in Nuova Zelanda è finita male per lo sfidante italiano del gruppo Prada, sponsorizzato anche dalla Pirelli e da altre aziende minori. Con alcuni amici, come me appassionati di vela, ci siamo chiesti: ma che senso può avere una sfida di quel genere che ha comportato una spesa da 50 a 100 milioni di euro (almeno) per mettere a punto tecnologie mai utilizzabili nella vela normale? Chi ama davvero la vela non si affiderebbe mai a marchingegni come i “fois” che richiedono tecnici che di navigazione studiano tecniche del tutto estranee al condurre una barca a vela. Senza poi considerare che quegli oggetti – non li chiamerei mai barche – sono gestiti da complicatissimi e costosissimi computers, hanno tutte le manovre asservite a impianti idraulici ed elettrici e impongono agli equipaggi di stare rintanati in “buche” che poco hanno di diverso dai banchi dei rematori nelle antiche galere, faticando su manovelle o altri attrezzi che richiedono lo sforzo fisico degli antichi schiavi del remo. In definitiva, a che serve tutto quel circo di altissima, costosissima e inutile tecnologia?

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Il lettore ci trova d’accordo solo su un dettaglio: la gente a bordo di quegli “oggetti volanti” non si divertiva e non si è proprio goduta le veleggiate. Per il resto, dissentiamo. È vero, sono sfide costosissime, ma sia Prada che Pirelli evidentemente ci hanno visto il loro interesse, che non è solo il ritorno d’immagine ma anche la sperimentazione di materiali e metodi che magari non serviranno alle barche a vela come le nostre, ma saranno utili in altri campi. In quanto al divertimento degli equipaggi, bisogna essere chiari: in quelle sfide nessuno va per divertirsi, ma per sputare sangue, rischiare l’infarto, spaccarsi la schiena. Vale, nel nostro piccolo, anche per le regatine di circolo quando l’agonismo prende il sopravvento su tutto.

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