Se dobbiamo tirare a campare…
LIVORNO – C’è chi canta che “tutto va ben…” sui porti. C’è chi urla che invece siamo alle soglie d’una crisi mondiale tipo quella del ’29. C’è chi fucila il PNRR, chi se la prende con il COP26 e chi si converte all’energia nucleare, ma intanto va bene anche il carbone.
Tra webinar, convegni, vip mondiali che devono lanciare un proprio libro e cavalcano l’ambiente, no-Vax e No-green pass, eccetera, scusatemi la parola ma non abbiamo mai vissuto un casino come questo. Adesso ci si mette anche la quarta ondata del Covid. Come si dice in Toscana: agli zoppi, calci negli stinchi…
I dati di fatto incontrovertibili comunque sono ben chiari: porti, interporti e grandi direttrici logistiche continuano ad essere in ritardo, non sempre per colpa loro, sulle esigenze della ripresa. Una ripresa che c’è, perché le industrie stanno pompando forte, l’export ha tirato e lo Stellone d’Italia ci ha aiutato. Ma è una ripresa che appare minata dal costo dell’energia, dal costo dei carburanti (trasporti) dal costo delle tasse, dal costo di una formazione professionale storicamente carente (e non è detto che i tanti formatori non debbano a loro volta essere formati ma questa volta sul serio), dal costo dei mille tentacoli della burocrazia.
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Il grido di dolore arriva dalle associazioni di categoria, ciascuna delle quali ovviamente tira acqua al proprio mulino, ma anche dai singoli imprenditori. Sui porti, ciascuna AdSP ha la propria ricetta, qualche volta miracolistica: il problema è che le ricette rimangono quasi sempre impelagate in quella burocrazia da tutti vituperata ma incapace di ammodernarsi.
Si tira a campare. Forse dobbiamo consolarci con il famoso paradosso di Andreotti: meglio tirare a campare che tirare le cuoia? Un po’ poco…
A.F.
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