La barca allargabile, che sfizio!
Non è una novità assoluta, anzi ha ormai un paio d’anni e già ne parlammo: ma la soluzione del marchio Wider di allargare la spazio vivibile di bordo una volta all’ancora per godersi lo spazio, sembra aver trovato parecchi altri estimatori. Anche nei grandi yacht, dove si arriva ad abbattere verso l’esterno una parte della murata per guadagnare ulteriori piattaforme (“spiaggette” in gergo) per essere direttamente a piombo sull’acqua.
È una soluzione intelligente?
Certamente risponde alla perfezione al detto inglese secondo il quale la barca ideale è sempre un metro più lunga (e più larga) di quella che abbiamo. Battuta di spirito per sottolineare che non siamo mai contenti, abbiamo sempre bisogno di un po’ di spazio di più. A che si può aggiungere all’altro vizio dei velisti d’oggi, di avere una grande ruota della timoneria invece del vecchio “biagio”, cioè la barra diretta. La ruota della timoniera anche su natanti di 9 metri fa tanto “yacht”. Poco importa che il “biagio” sia più diretto e faccia “sentire” il timone mentre la ruota è cieca, avendo il filtro dei collegamenti con i cavi e i rinvii. Eric Tabarly, uno dei massimi testimoni della grande vela oceanica, voleva il “biagio” anche sulle barche da 20 metri, malgrado lo sforzo fisico richiesto.
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Torniamo alle barche allargabili. È una soluzione, e come tutte le innovazioni ha anche qualche contropartita. La struttura deve essere irrobustita, i binari di scorrimento delle parti mobili pesanti e richiedono manutenzione aggiuntiva, per aprire e chiudere c’è del lavoro da fare. Però bisogna ammettere: non in banchina (dove ogni centimetri di più si paga caro) ma all’ancora in un parco boe, si fa una bella figura da innovatori. Se poi il rollo aumenta, se ne faranno una ragione.
A.F.
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