I mari italiani soffrono
TRIESTE – Greenpeace si è immersa in questi giorni nelle acque dell’Area Marina Protetta (AMP) di Miramare, a Trieste, dove un anno fa, nell’ambito del progetto Mare Caldo, sono stati posizionati dei sensori per la misurazione della temperatura lungo la colonna d’acqua. Insieme ai ricercatori dell’AMP e dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), l’associazione ambientalista ha inoltre partecipato a un’immersione scientifica sulle Trezze al largo di Grado, dove si stanno monitorando gli effetti dei cambiamenti climatici su specie sensibili come la madrepora a cuscino e Pinna nobilis nell’ambito dei progetti Tretamara e Life Pinna.
In una conferenza stampa a bordo della nave di Greenpeace Rainbow Warrior, ormeggiata a Trieste, è stato diffuso il secondo rapporto annuale del progetto. Sono state effettuate oltre 535 mila misurazioni della temperatura, raccolte insieme al Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita (DiSTAV) dell’Università di Genova, partner scientifico del progetto, e con il supporto tecnico di ElbaTech. I dati indicano chiaramente come i nostri mari si stiano riscaldando anche in profondità. Il rapporto del secondo anno di progetto, inoltre, evidenzia come l’aumento delle temperature stia causando drastici cambiamenti della biodiversità marina, dalla scomparsa delle specie più sensibili caratteristiche del nostro mare all’invasione di altre, spesso aliene, che meglio si adattano a un mare sempre più caldo.
L’aumento delle temperature porta alla scomparsa di alcune specie mentre altre, dette termofile, proliferano espandendo il loro areale di distribuzione. È il caso del vermocane (Hermodice carunculata) che è aumentato in modo considerevole nelle AMP più meridionali, o di alcune specie aliene, come il mollusco gasteropode di origine polinesiana Lamprohaminoea ovalis, osservato per la prima volta all’isola d’Elba durante i monitoraggi del progetto, segnalazione più Settentrionale nel Mediterraneo per questa specie.
“Siamo orgogliosi di questo progetto che è stato capace di far lavorare assieme vari soggetti su una problematica urgente e attuale. Il valore scientifico del progetto è enorme: solo tramite l’adozione di protocolli comuni, la condivisione e il confronto dei dati è possibile valutare gli impatti dei cambiamenti climatici ad ampia scala sui nostri mari e promuovere politiche di conservazione e gestione. Abbiamo inoltre la disponibilità di dati storici raccolti dall’Università di Genova che ci permettono il confronto dei dati negli ultimi trent’anni, da cui emerge un drastico cambiamento negli ecosistemi marini. Sarà quindi fondamentale continuare la raccolta dei dati per comprendere la dinamica di tali cambiamenti nel tempo”, dichiara Monica Montefalcone, responsabile scientifico del progetto Mare Caldo per il DiSTAV dell’Università di Genova.