Navigare, domani

LIVORNO – I problemi di oggi, per i portuali ma anche per lo shipping, hanno aperto una finestra con tanti interrogativi sul domani.

E anche con tante ipotesi, proposte, forse sogni.

Si moltiplicano – forse all’eccesso – anche le fiere e i webinar con cui esperti, associazioni, costruttori e anche scienziati ipotizzano scelte da qui…all’eternità sui carburanti, sulle navi più verdi ancora, sui porti robotizzati, sul ritorno alla vela.

L’immagine qui sopra prova a sintetizzare almeno alcuni aspetti di questo dibattito.

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Di recente da parte del RINA si è ipotizzato un ritorno ai motori navali a ⛽ carburanti nucleari.

Ritorno, perché da almeno trent’anni grandi navi da guerra, anche europee, usano l’uranio e il torio per produrre energia.

L’ipotesi di piccoli motori atomici è suggestiva, anche perché sia l’uranio che il torio sono abbondanti in natura (si calcola che ci siano scorte sufficienti a un consumo globale mondiale per almeno 250 anni, a costi di estrazione sempre più concorrenziali) e il mare stesso è un serbatoio da cui estrarre (oggi a costi alti, domani chissà) uranio puro; e il problema delle scorie radioattive è stato risolto da tempo per le 260 centrali nucleari attualmente in servizio nei vari continenti.

Il problema vero semmai è politico, anzi demagogico: almeno per l’Italia, dopo gli sciagurati referendum seguiti al ☢ disastro di Chernobyl, ☢ parlare di energia nucleare è tabù: e non sia nemmeno risolto il problema delle scorie radioattive dei presidi sanitari, che pure sono tonnellate all’anno.

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La crisi energetica ha dato nuova linfa alla vela.

Ne abbiamo viste, in un passato anche recente, ipotesi tra le più fantasiose: come immensi aquiloni capaci di trascinare su rotte con venti costanti (alisei etc) navi anche grandissime, riducendo i loro consumi di carburante fino al 30%, il che significa traversate oceaniche risparmiando milioni di dollari.

Fantasia? Forse.

Ma più concreta è l’adozione dei cilindri a vento montati su navi sperimentali – come la Maersk nella foto – che contribuiscono anch’essi a ridurre drasticamente i consumi di carburante.

Non torneremo all’epoca dei clipper, anche perché non ci saranno mai più gli equipaggi adatti, ma il vento può essere un aiuto.

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Potremmo andare avanti per paginate, con gli esperimenti sui carburanti all’ammoniaca, ai gas naturali di nuova generazione, alle navi sottomarine (com’è noto i consumi attuali sono generati in buona dalla resistenza dell’onda di superficie) senza equipaggio umano.

Limitiamoci a un altro tema molto attuale: il cold ironing sui porti.

L’UE insiste sulla soluzione da almeno un lustro, e in alcuni porti già funziona, riducendo l’uso di generatori inquinanti delle navi in porto.

Ma con il moltiplicarsi frenetico del costo dell’energia elettrica è davvero una soluzione sostenibile?

Oppure è una di quelle fughe in avanti della UE dei burocrati che rischia di essere una fuga all’indietro?

Non è un piccolo problema perché anche in Italia, malgrado l’esperimento disastroso del cold ironing di Livorno – mai usato e ormai obsoleto – si stanno indirizzando sul tema risorse che forse potrebbero essere meglio spese.

Antonio Fulvi

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