Quel nodo che strangola tante imprese

Nella foto: Canale dei Navicelli nel passato.
LIVORNO – Il dilemma sul ponte che attraversa il Canale dei Navicelli sulla foce è diventato – me ne rendo conto – una specie di mantra per il nostro giornale.
Il tema però non è così secondario come si potrebbe pensare: nemmeno a fronte ai tantissimi altri problemi che il porto di Livorno, come tanti altri porti italiani, si trova davanti.
Proviamo a riassumere i fatti: non tanto per piangerci addosso quanto per ricordare che un porto è un insieme complesso e delicato, troppo spesso condizionato da scelte esterne che non perdonano errori.
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E specialmente, non perdonano ritardi.
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Canale dei Navicelli: l’intervista al presidente Pisano, raccolta dalla nostra brava collaboratrice Michela Berti de La Nazione di Pisa, chiarisce non tanto l’eventuale scelta tra ponte mobile alla foce e ponte fisso vicino a quello dell’autostrada, ma la vera emergenza di un comparto della darsena di Pisa che ormai si è specializzato nella costruzione di grandi e grandissimi scafi di yacht.
Vi si sono istallati cantieri gloriosi come Codecasa, Carpensalda che opera anche per Benetti, Cantieri di Pisa, Nautica Lupi eccetera.
Intorno a loro è fiorita una pletora di terzisti e di allestitori, oltre a un centro commerciale che richiama da tutta la Toscana.
Lungo il canale poi ci sono altre realtà industriali di primo piano come Gas&Heat che realizza maxi-serbatoi per gas e idrogeno.
Si tratta di attività che impiegano migliaia di persone ed hanno un notevole valore aggiunto, ma la cui espansione però è condizionata da un “budello” d’acqua che tra l’altro sfocia dentro la Darsena Toscana del porto, con una serie di sbarramenti (porte vinciane e ponti girevoli) che sono un tormento per chi deve arrivare al mare (o viceversa) ma anche per i traffici stradali e ferroviari cargo destinati alle banchine livornesi.
Senza considerare anche i fanghi che ogni piena scarica in Darsena Toscana.
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Una soluzione al nodo Calambrone s’impone dunque non solo in preparazione della sognata (e sempre meno vicina) Darsena Europa, ma anche per l’attuale realtà intorno alla Darsena Toscana; e prima ancora per gli importanti insediamenti pisani.
L’alternativa per questi ultimi di uscire al mare attraverso la foce dell’Arno, con le modifiche attuate all’incile grazie ad OLT, è altrettanto irrealistica perché comporterebbe un riassetto (dragaggio, contenimenti, continua manutenzione) della foce d’Arno.
L’unica strada
è dunque liberare dagli attraversamenti a bassa luce i Navicelli fino al mare, tombando la “sfociata” in Darsena Toscana.
Una soluzione che sarebbe stato logico adottare quando invece furono spesi soldi (quasi) inutili per rifare le porte vinciane.
Il presidente della darsena pisana nella sua intervista che riportiamo in prima pagina è però stato molto chiaro: lo stesso ponte dell’autostrada oggi è troppo basso sull’acqua per il lavoro che svolgono i cantieri in darsena; e dunque la soluzione ideale sarebbe – ci sembra di capire – creare una specie di chiusa a fondale più deciso sotto il ponte dell’autostrada, affiancato da un nuovo ponte stradale fisso in sostituzione dell’attuale vecchio ponte sulla foce.
Tutto ciò per arrivare poi al mare attraverso la foce, che dovrà essere costantemente dragata su fondali accettabili ai grandi scafi di Yachts.
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La proposta sembra fantascientifica, costosa, piena di “caveat”: una conca a chiuse comporterebbe spese notevoli di gestione, manutenzione, controlli, forse anche ticket di transito.
Improponibile?
Eppure in metà Europa il sistema funziona bene sulle acque interne: basta citare le chiuse del Tamigi, quelle della Mosa, sulla Senna eccetera.
Ci vuole la volontà politica che sposi le richieste tecnico-imprenditoriali.
E qui forse è il verme che avvelena la mela. Specie per quanto riguarda i costi e specialmente i tempi. Sui quali oggi si è impegnata la Regione Toscana con il tavolo di confronto. Conteremo se non i giorni, almeno le settimane per la scelta.
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