L’angolo (del) marittimista – Intermodalità e competitività dei porti

Luca Brandimarte

Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante l’intermodalità e competitività dei porti.

ROMA – Nell’ambito dell’ormai (pluri) noto PNRR, si parla inevitabilmente molto di grande infrastrutturazione portuale. In questo contesto, tuttavia, poco si dice su come i nostri scali potrebbero e/o dovrebbero “evolversi” dal punto di vista della propria competitività; vale a dire nell’ottica di un continuo sviluppo dei traffici nelle more della realizzazione di tali opere.

Ecco allora che assume rilievo centrale l’implementazione dell’intermodalità nell’ottica cioè di aumentare le sinergie con i cd. “dry ports”. In questo contesto, quindi, vale la pena dare “un’occhiata” a quanto approvato, nel marzo scorso, dalla Commissione europea che ha avallato un regime di aiuto di Stato volto a promuovere il trasferimento del traffico merci dal trasporto stradale a quello su rotaia o per vie navigabili nella Regione Friuli-Venezia Giulia (Cfr. Decisione C(2022) 1427 final) .

Trattasi, nello specifico, di contributi per un importo pari a 30 milioni di euro che saranno erogati a livello regionale – fino al 2027 – ai cd. “operatori di trasporto intermodale” che combinano cioè una tratta alternativa (ferroviaria o per vie navigabili) al trasporto su strada. La misura in esame, infatti, si inserisce in un contesto nazionale dove gli operatori di trasporto multimodale sono talvolta costretti a preferire la strada come soluzione di trasporto (sebbene si tratti di una modalità senz’altro più impattante sotto il profilo ambientale) rispetto al trasporto ferroviario sia in termini di rapidità sia in termini di convenienza economica.

Gli aiuti in esame sono concessi sotto forma di sovvenzioni calcolate in base alla riduzione delle esternalità negative connesse al trasporto merci e, nell’ambito di detto regime di aiuto, i costi ammissibili corrispondono alla parte dei cd. “costi esterni” (i.e. inquinamento del suolo e delle acque) che il trasporto di una “Unità di Trasporto Intermodale” di 44 tonnellate tramite ferrovia o trasporto marittimo a corto raggio consente di evitare rispetto al trasporto su strada su di una percorrenza pari a 91 km. Inoltre, come precisato dalla Commissione europea, la misura di aiuto può altresì essere adeguata mediante l’applicazione di un apposito coefficiente che – con riferimento al servizio di trasporto ferroviario intermodale ivi inclusa l’ipotesi di servizi di “navetta” via ferrovia all’interno della Regione – tenga, tra le altre, conto (a) dell’attraversamento delle frontiere Paesi membri e Stati extra-UE, (b) della lunghezza del percorso e (c) del collegamento dei nodi logistici e portuali regionali con altre destinazioni in Italia, in uno Stato membro o in un Paese terzo.

In sostanza, il razionale della misura in commento è proprio quello di ridurre le esternalità negative connesse al trasporto merci, e quindi ridurre i costi fissi delle operazioni intermodali, incentivando, per contro, l’operatore multimodale nell’ambito delle diverse tipologie di servizio offerto. Il tutto nell’ottica di garantire la transizione ecologica del settore – in linea con i dettami del cd. “Green Deal Europeo” – diminuendo, da un lato, le emissioni ambientali e sostenendo, dall’altro, gli operatori multimodali che ricorrono a modalità di trasporto alternative a quella stradale. Ciò mediante l’utilizzo di sovvenzioni.

Quanto sopra, è stato quindi ritenuto ammissibile dalla Commissione europea sul presupposto che (i) gli importi massimi di aiuto ammissibili rimangano al di sotto del 50% dei costi (ammissibili); (ii) il regime in commento non comporti effetti concorrenziali distorsivi, (iii) la Regione si è impegnata affinché l’aiuto non superi il 30% dei costi totali dei servizi di trasporto ferroviario o marittimo (anche a corto raggio) alternativi al trasporto su strada, (iv) si tratti di un regime di aiuto necessario per perseguire gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale del traffico su strada previsti dall’Unione europea e possa produrre un reale effetto incentivante sugli operatori di trasporto intermodale.

In conclusione, in considerazione dell’evidente “bontà” della misura di aiuto in commento – che va nel senso di un’integrazione modale dei diversi sistemi di trasporto che incentiva il trasferimento di quote del traffico merci dalla strada alla ferrovia (ed al mare) – si può parlare di un “Modello Friuli-Venezia Giulia” auspicando che analoghi regimi di aiuto possano essere adottati anche da altre Regioni italiane con forte connotazione “portuale”; sovvenzioni che, oltre a perorare la causa ambientale, contribuirebbero altresì a migliorare l’efficienza dell’intera catena logistica.

È quindi opportuno che – anche e soprattutto nelle more della realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione portuale previste nell’ambito del PNRR – sia implementata una continua sinergia tra le Amministrazioni competenti (Regioni e AdSP in primis) e gli stakeholders con i cd. “dry-ports” prevedendo appositi meccanismi che incentivino l’intermodalità anche per il trasporto su ferrovia di rotabili e contenitori (consentendo quindi una migliore gestione dei costi esterni per gli operatori), anche mediante il ricorso ad appositi incentivi che la legge ci mette a disposizione quali, a titolo esemplificativo ma non esclusivo, il cd. “Ferrobonus”. Quanto sopra anche mediante appositi incentivi valevoli a livello nazionale che permettano alle competenti AdSP di mettere in atto misure di tale portata per lo sviluppo non solo del Sistema Portuale di competenza, bensì anche del “Sistema Paese” globalmente inteso.

Ciò, infatti, potrebbe veramente permettere ai nostri porti, in linea con i propri PRP (molti dei quali, peraltro, attualmente in fase di revisione in alcuni dei principali scali nazionali), di arrivare preparati per quando saranno pronte le citate opere infrastrutturali ed evitare così che, una volta che queste opere saranno pronte, il porto rischi di fare fatica a renderle concretamente operative con conseguenti congestioni di traffico. Il tutto, come sempre, sul presupposto che il porto è un’infrastruttura essenziale all’interno del quale viene misurata l’efficienza dell’intero “Sistema-Paese”. Va da sé, pertanto, che l’efficienza dei servizi logistici e lo sviluppo di una tendenza intermodale dei poli logistici regionali possano, nello scenario appena delineato, rappresentare fattori importanti per un concreto sviluppo della portualità locale e nazionale e quindi della competitività dei nostri porti. 

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