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Il Mediterraneo “Mare Nostrum”

Stefano Messina

GENOVA –

Nel mondo che cambia, chi non cambia rischia d’essere spinto fuori dal mondo, in particolare quello dell’economia.

Oggi è un “mantra” sul quale ci siamo confrontati con il presidente di Assarmatori 👤 dottor Stefano Messina, numero uno dell’omonima storica compagnia di navigazione. Ecco l’intervista. 

🎙 Presidente, nei corsi e ricorsi dell’economia globale, si prospetta un 2023 difficile per l’armamento sulle grandi rotte intercontinentali. Come vede la situazione in ambito Mediterraneo?

🗣 Lo shipping non è nuovo ad affrontare scenari globali complessi ed è senz’altro il primo comparto economico che risente di quanto succede a livello internazionale. La sua flessibilità e quindi la capacità di adattarsi ai grandi cambiamenti ne costituiscono un valore aggiunto, che anche negli ultimi tre anni – con la pandemia prima e il conflitto russo-ucraino poi, e soprattutto con le conseguenze che ne sono derivate – ha confermato questo asset come portante e imprescindibile a livello globale.

Difficile formulare previsioni a medio-lungo termine, anche per tutti questi motivi.

Quello che è certo è che nel Mediterraneo l’Italia deve mantenere e consolidare la sua posizione di leadership: il nostro Paese è primo per quota di mercato nei servizi delle Autostrade del Mare (il 38%) e gli armatori italiani sono ai vertici delle classifiche mondiali per capacità delle flotte ro-ro e ro-ro/pax. 

🎙 Anche i “colossi” dell’armamento container stanno riprendendo autonomia (Maersk e MSC) dopo anni di collaborazione più o meno… rispettata. Positivo, negativo o tutto ancora da valutare?

🗣 Credo si tratti di una decisione strategica ancora tutta da valutare e che comunque dipanerà i suoi effetti non prima del 2025. Quello che è certo è che lo shipping, seguendo anche l’andamento dell’economia globale, è al centro di un processo continuo di mutazione e che ‘alleanze’ che si sono formate dieci anni fa possono non rispondere più alle attuali esigenze, sia degli armatori sia del mercato. 

🎙 La politica globale spinge per la transizione ecologica delle navi in tempi che molti giudicano non realistici, anche per il ritardo con cui i porti, specie italiani, fanno la loro parte. Ritiene che si possa arrivare a un maggior realismo?

🗣 Abbiamo parlato dell’importanza dell’armamento italiano proprio nell’area del Mediterraneo e questo deve, o per meglio dire dovrebbe, indurre alla massima cautela quando si tratta di imporre normative a livello ambientale che, per quanto condivisibili in linea di principio, sono intempestive e non tengono conto della tecnologia disponibile, soprattutto a livello di carburanti. Il riferimento è sia alle regole contenute nel pacchetto Fit for 55 dell’Unione europea sia al nuovo Carbon Intensity Indicator (CII) voluto dall’IMO, per il quale è urgente un cambio della metrica per non penalizzare in modo eccessivo ad esempio la flotta di traghetti italiani, la cui operatività è spesso caratterizzata, per insopprimibili esigenze di servizio, da lunghe soste in porto.

Ci auguriamo quindi un maggior realismo da parte dei decisori, a tutti i livelli, e auspichiamo che il Governo italiano faccia sentire la sua voce a livello europeo proprio per difendere questi asset che sono un’eccellenza tricolore.

E su questo ultimo punto, anche recentemente, abbiamo ricevuto segnali confortanti. 

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🎙 All’interno del PNRR, o meglio del Fondo complementare, sono contenuti circa 700 milioni di euro per l’elettrificazione delle banchine, il cosiddetto Cold Ironing. Per gli armatori come sarebbe meglio procedere con l’infrastrutturazione?

🗣 Occorre una cabina di regia a livello nazionale per un’individuazione strategica dei porti e dei relativi terminal dove è più urgente l’elettrificazione delle banchine, senza alterare il level playing field fra gli stessi terminalisti e per evitare applicazioni a macchia di leopardo a seconda delle scelte attuate dalle singole AdSP.

Serve, ancora, una separazione netta e chiara fra chi realizza il sistema, chi lo gestisce e chi lo alimenta e un regime di responsabilità certo che delinei, anche all’interno dei regimi concessori, le obbligazioni e le relative sanzioni in capo ai concessionari in caso di inefficienze.

Se la nave sarà attrezzata per attingere energia da terra e/o per essere alimentata da combustibili “green” ma non potrà farlo per assenza o malfunzionamento dell’infrastruttura, non potrà essere l’armatore a pagarne lo scotto economico per la mancata osservanza di disposizioni europee e nazionali.

Il tema è quantomai urgente: poter usufruire del Cold Ironing in tempi brevi consentirà anche di mitigare, almeno in parte, gli effetti del CII dell’IMO.

🎙 Buona parte dei fondi stanziati, sempre nel Fondo complementare al PNRR, per il rinnovo delle flotte non sono stati utilizzati. Come mai? 

🗣 La mancata parziale assegnazione dei fondi ad esito della procedura si deve prevalentemente all’obbligo di aderire alle stringenti regole dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato.

Gli armatori stanno già facendo quanto occorre per la decarbonizzazione del trasporto marittimo, tanto che è già in essere un tavolo di lavoro presso lo stesso MIT per far sì che le risorse non assegnate non vengano disperse ma rimangano assegnate al trasporto marittimo e possano essere redistribuite grazie ad una seconda procedura, che possa assegnare la residua disponibilità proprio in tale ottica. Questo sarà inoltre un volano per gli investimenti e per l’occupazione italiana, particolarmente rilevante nei servizi dei traghetti da e per le isole.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
8 Febbraio 2023
Ultima modifica
9 Febbraio 2023 - ora: 16:36

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