LONDRA – Per chi ha ormai fatto l’abitudine ai toni catastrofisti sulla povera Italietta, le ultime analisi dei guru finanziari sembrano portarci in un altro mondo: lo stesso Financial Time, che non è mai stato tenero con noi, ha ammesso in questi giorni che l’economia italiana sta tirando, il nostro export aumenta, e il Pio del 2022 è stato superiore, come incremento, a quello della blasonata Germania e così sarà anche per il 2023. Anche in Borsa, registrano gli addetti, gli investitori ricominciano a puntare sui titoli italiani. Per il 2023, a fronte di una annunciata recessione mondiale – salvo non finisca la guerra in Ukraina – gli indicatori per l’Italia rimangono dunque leggermente positivi.
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I fatti: nei due “ponti” festivi appena trascorsi si è visto un forte incremento del turismo, sia nazionale che straniero. Quando la gente si muove per divertirsi, quando viaggia malgrado l’intasamento sulle autostrade e il costo dei voli, vuol dire che c’è dell’ottimismo. Sono risorse, spese ed ottimismo, importanti. Dalle anticipazioni sui bilanci dei porti in questi primi mesi, emerge un buon movimento sia nel settore container che nell’export, in particolare macchinari, food e accessoristica di cantiere. I settori produttivi stanno metabolizzando, alcuni con difficoltà, altri ricorrendo a nuove risorse, il maggior costo dell’energia. La logistica ha la sua parte nella ripresa.
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Tutto va bene, dunque? Piano: l’ostacolo principale alla partenza di un nuovo miracolo economico – più realisticamente: a un miracolino – è rappresentato dal freno di una burocrazia che a tutti i livelli continua a complicare e frenare. Di pari passo c’è la scarsa trasparenza delle normative, che lasciano imprese e anche pubblica amministrazione in balìa delle più imprevedibili interpretazioni. I Tar non sono mai stati tanto subissati come di questi tempi. Sui porti, malgrado i traffici, non va meglio: anche quando i presidenti diventano commissari ad acta per qualche realizzazione urgente, si scopre che tanti “caveat” rimangono. E nessuno vuol finire sotto processo per aver firmato un atto da tutti sollecitato: anche se buona parte dei processi finiscono – dopo anni di sofferenza e ludibrio – con la piena assoluzione. Il coraggio, diceva Don Abbondio, se non ce l’hai non lo puoi trovare.
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La vicenda dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti ART è sintomatica di questa incertezza normativa, come in questi giorni hanno denunciato gli attori della logistica. Lo stesso dicasi delle concessioni demaniali sui porti, con decisioni abnormi che ignorano a volte decenni di investimenti e sviluppo. Potremmo andare avanti per un pezzo: ma non vogliamo guastare la festa per la riconquistata dignità internazionale in campo economico. Come disse Nelson alla battaglia di Trafalgar:” la Patria si aspetta che ciascuno faccia il proprio dovere”. O più vicino a noi, come cantava Gabriele D’Annunzio nel 1917 in piena prima Guerra Mondiale: “Le nostre braccia splendono”.
(A.F.)