Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

Ho fatto tra gli incubi un sogno

LIVORNO – Scusatemi se questa volta scribacchio di me stesso, rubando spazio a ben più esimi pareri, appelli, grida manzoniane eccetera.

Mai come in questo periodo se ne son viste raffiche: Chi non piange – dice un carognesco proverbio popolare – non puppa.

Piangere in ordine sparso però quanto serve?

Vengo a me: Questo è un periodo difficile, come può capitare a ogni vecchio che, raggiunto da un preavviso, si scopre vecchio e a prossima scadenza. Quando la Bella Signora ti prende per mano, è difficile non voltarsi un attimo indietro. Ci si chiede perché questa “bella famiglia d’erbe ed animali”, come scriveva Foscolo, stia perdendo il senso reale della vita e insieme la capacità di far bene, far meglio e far presto.

[hidepost]

*

Così vi racconto, in sintesi, il sogno.

Che come tutti i sogni so bene essere irreale.

Però come sarebbe bello poter vivere, lavorare, crescere e far crescere senza quella valanga di leggi, di norme, di ukase e spesso di isterie pubbliche, che oggi ci rendono impossibile operare senza che ci sfiori una accusa d’essere delinquenti. Diceva Cicerone, che se  ne intendeva: troppe leggi, cattiva giustizia. Tante volte ho citato esempi di fatti incredibili: lavori per migliaia di addetti fermati decenni per paura di una firma, condanne per iniziative pubbliche e private con anni di gogna seguiti da assoluzioni…

*

Semplicemente: siccome questo nostro (vostro) mondo reale è complesso ma anche vale la pena di non diventare un calvario, non servono pannicelli caldi, riformine, colpi di maquillage. “Vaffa” e non oltre. Ma per toglierci di mezzo l’incredibile guazzabuglio di norme e controfirme, per cambiare il criterio del “Siamo tutti colpevoli, salvo quelli non ancora scoperti, bisognerebbe forse ripartire dalla base. Meno leggi, meno sospetti a priori per ogni atto da firmare, meno rimpalli di responsabilità, più operativi come insegnano ormai le tecnologie, dove il tempo è la prima esigenza.

Miracoli? Forse: ma come diceva Totò, tocca agli uomini, non ai mezzi uomini o ai quaquaraquà.

Antonio Fulvi

[/hidepost]

Pubblicato il
1 Luglio 2023
Ultima modifica
4 Luglio 2023 - ora: 11:45

Potrebbe interessarti

Il neo-kompanjia Stachanov

Il kompanjia Aleksej Stachanov in confronto era, come si dice da noi, uno scansafatiche: cioè robetta. Perché oggi l’avvocato Matteo Paroli copre in contemporanea due cariche da far tremare le vene ai polsi. È...

Leggi ancora

Per la guerra per la pace

C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo. No, non è l’aquilone della poesia di Giovanni Pascoli, quella che noi anziani dovevamo studiare a scuola. Il qualcosa di nuovo sono i droni: diventati in poco...

Leggi ancora

Tasse e governi

C’è la stagione di tutte le cose e di tutte le passioni. Questa d’oggi, per dirla come lo scrittore americano John Steinbeck, è quella “del nostro scontento”. Scontento? Noi del ceto medio siamo ancora una...

Leggi ancora

Hic sunt leones

Può anche darsi che, come spesso accade, l’allarme lanciato ai primi del mese dall’ammiraglio Enrico Credendino risponda anche all’altro celebre detto latino  Pro Domo Sua, riferito come noto a Cicerone. Però il capo di...

Leggi ancora

Uno scavalco che non scavalca mai

Se ne parla con comprensibile pudore: anche lo “scavalco” ferroviario tanto atteso e tanto sbandierato tra l’interporto Vespucci e le banchine di Livorno, finisce nell’elenco delle speranze deluse: almeno per i tempi. Scriveva Silvia...

Leggi ancora

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora
Quaderni
Archivio