Portualità con una visione

PALERMO – Sono stati tanti a parlare, come in tutte le occasioni nelle quali ai tecnici si aggiungono i politici. Ma alla fine, nel meeting di Palermo dedicato a “Noi, il Mediterraneo”, alle orgogliose riaffermazioni di Pasqualino Monti sulla centralità del “suo” scalo, si sono aggiunte quelle dei portavoce del governo e delle istituzioni.

Ovvero: la riforma della riforma portuale è mettere le mani in un vespaio, ma è indispensabile e urgente.

Di più: non ci sono voci diverse e contrasti di visione sulla riforma all’interno del governo, ma una linea comune. Insomma, la visione c’è.

Ed è quella che sia in un’altra occasione Salvini, sia nei giorni scorsi a Palermo Rixi, hanno fatto capire.

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Proviamo a capire anche noi?

Nella sostanza, il sistema dei porti italiano ha troppe articolazioni, dipende da troppi ministeri, ed è un “ircocervo”, ovvero una creatura a metà pubblica nazionale e regionale (con intrusioni anche del Comuni sul vitale sistema dei waterfront) e a metà dipendente da normative europee e qualche volta mondiali.

In questo guazzabuglio, molte Authority sono diventate – o stanno diventando – enti eminentemente burocratici, dove si gestisce il piccolo o grande potere locale, più che altro attenti a non esporsi personalmente alla spada di Damocle dell’“abuso di ufficio”.

Da qui, la sostanza: riformare i porti, senza riformare anche alcune normative che riguardano i pubblici poteri, sarebbe insufficiente.

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