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IN BANCA E ALLA POSTA

Sorpresa: Livorno giù ma risparmi in crescita record

Più 49,7% negli ultimi 10 anni (ma con alti e bassi dopo il 2021): e ora sono oltre gli 8 miliardi

LIVORNO. Torna a far capolino al di sopra della soglia degli otto miliardi di euro l’ammontare complessivo dei depositi bancari e del risparmio postale nella provincia di Livorno: esattamente 8 miliardi 86,9 milioni. Un gruzzolo di quasi 25mila euro a testa, neonati e ultracentenari compresi. È la fotografia scattata dal data-base statistico della Banca d’Italia ai nostri conti in banca e ai nostri libretti postali alla fine dello scorso mese di settembre, l’ultimo dato disponibile in questo campo: riguarda il “totale dei residenti al netto delle istituzioni finanziarie monetarie”.

È una curiosità fine a sé stessa? Mica tanto, se la mettiamo dentro il contesto di quel che accade tutt’attorno. È lì che cominciano le sorprese: soprattutto per una realtà territoriale come quella labronica che già anni fa si era conquistata il record della doppia area di crisi complessa per il sommarsi della deindustrializzazione del comprensorio livornese alla interminabile crisi della siderurgia a Piombino. Dunque, prima di tutto salta agli occhi una sorpresa: crisi e declino eppure il conto corrente standard del livornese-tipo non si assottiglia, anzi ingrossa. Cosa sta succedendo?

 

Un segno “meno” dietro l’altro, e invece…

Quel che emerge sono due tendenze. La prima sembra un paradosso: i bollettini trimestrali delle vendite al dettaglio sono un pianto greco e infilano un segno “meno” dietro l’altro fino a ridurre la torta complessiva di un buon 30%. Idem i report Istat sulla recessione: Livorno è, nel mazzo della trentina di città tenute sott’occhio, l’unica a mettere in fila mese dopo mese una lunghissima striscia di andamento negativo del caro-vita (che non è un indizio positivo perché significa soprattutto che la gente non compra e l’economia non gira: tecnicamente non è detto che sia recessione, nei fatti lo è e perdipiù di quelle bruttine). Senza contare il declino della qualità merceologica delle vie dello shopping e la brusca sterzata dei livornesi che riducono drasticamente l’acquisto di auto di grossa cilindrata e si orientano sul low cost. Benissimo, eppure questo si accompagna all’ascesa della “montagna” dei risparmi che in dieci anni esatti schizzano da 4,6 miliardi  a più di otto.

E l’altra tendenza? È la fase successiva: dal 2021 in poi: colpa dell’effetto Covid o del brusco restringimento del mercato dell’auto (per Livorno vale sia nella produzione di componenti auto sia nella movimentazione delle auto in arrivo via mare per i concessionari), fatto sta che a questo punto il gruzzoletto finisce sull’altalena, un po’ cresce e un po’ cala e alla fine negli ultimi quattro anni rimane inchiodato poco sotto o poco sopra la linea degli otto miliardi. Nell’ultimo trimestre analizzato, con un qualche balzo all’insù: oltre cento milioni di più in cassaforte, ma un’occhiata alle statistiche è sufficiente per accorgersi che a settembre accade quasi sempre così.

Più risparmi, solo Lucca ci supera nella crescita

C’è da alzare ora gli occhi e guardare il “paesaggio” delle altrui finanze: nelle altre province, come se la cavano? Un indicatore lo racconta meglio di tutti: negli ultimi dieci anni – dal settembre 2014 allo stesso mese del 2024 – chi ha messo più fieno in cascina? Sorpresa: nella realtà provinciale livornese la crescita ha sfiorato il 50% (49,7), seconda solo a Lucca (52,8%). Per il resto: lo standard a livello nazionale è del 33,6%, la crescita dei risparmi su scala toscana arriva al 38,3%. Ma a Firenze non raggiunge il 44%, a Pisa ticca il 45,5% e a Prato il 46,3%, ma in altri territori della Toscana costiera sempre in affanno ecco che a Grosseto l’incremento decennale dei depositi ha oltrepassato di poco i 37 punti percentuali e a Massa è rimasto al di sotto di quota 29%. C’è da dire che nel frattempo l’inflazione si è rosicchiata il 16,5% ma tutte le cifre che abbiamo indicato avvertono che in Toscana l’incremento reale del risparmio c’è stato. Almeno complessivamente.

 

La diseguaglianza è in aumento

Già, complessivamente. Ma, se gettiamo lo scandaglio nelle pieghe della società, forse ci si accorge di qualcosa da approfondire: ad esempio, per quanto i dati delle dichiarazioni dei redditi Irpef abbiano molte storture per via del livello di evasione fiscale a livello quasi pandemico, l’analisi delle denunce registrate a Livorno città mostra che lo scaglione più alto, quello con reddito complessivo oltre i 120 mila euro, arriva a essere composto da 1.086 contribuenti nell’ultimo dossier disponibile, quello relativo al 2023 (su redditi 2022): dieci anni prima erano 657. La fascia più abbiente è aumentata del 65,3% come numero e del 69,5% come ammontare globale dei redditi complessivi. Il migliaio di contribuenti più ricchi dichiarano nell’insieme una cifra (242,5 milioni di euro) che è solo di poco al di sotto di quella (271,7 milioni) dell’intera galassia dei 37mila contribuenti al di sotto dei 15mila euro di reddito. Non solo: nella fascia  meno abbiente il reddito pro capite dichiarato scende da 7.666 a meno di 7.300 euro, in quella benestante dall’aliquota più alta invece cresce da 217mila a 223mila euro di media.

Dunque, pur con la cautela di un bel paio di molle per maneggiare dati fiscali così problematici, si potrebbe vederla come un allargamento della forbice sociale e un aumento della diseguaglianza. Crescono i risparmi: ma forse di chi ce li ha già.

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
22 Marzo 2025
Ultima modifica
25 Marzo 2025 - ora: 21:57
di MAURO ZUCCHELLI

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