Interporti: tempi certi per finire i lavori sulle ferrovie
«Dopo una fase ok, da due anni traffici in netto calo per gli intoppi»
VENEZIA. Chiamarlo ultimatum sarà magari eccessivo, i diretti interessati preferiscono definirlo “allarme” ma in effetti suona alle orecchie come un aut aut: bisogna che i lavori di ammodernamento sulla rete ferroviaria rispettino i cronoprogrammi e siano completati «in tempi certi e definiti», o il sistema Paese ce la fa o c’è il rischio che il trasporto intermodale «perda definitivamente quote di traffico, e non riesca a soddisfare la domanda potenziale». Non potrebbe essere più perentorio il messaggio che, girando al largo da ogni polemica inutile, è arrivato da Venezia nel corso dell’annuale incontro dell’Unione Interporti Riuniti organizzato da Interporto Rivers mettendo attorno al tavolo le società interportuali della penisola.
Destinatario, inutile dirlo, il ministero delle infrastrutture: sotto tiro ormai fa tempo per i disservizi sulle linee ferroviarie. Colpa del fatto che una lunga fase di incuria costringe ora a concentrare una infinità di cantieri sulle linee. A questa linea difensiva il fronte degli interporti replica: fate lavorare i cantieri, però fatelo senza sprecare tempo, anzi con scadenze certe per dar modo alle aziende di cercare rimedio.
Nel “conclave” veneziano degli interporti si sono fatte parlare le cifre: il calo del 3,2% registrato nel 2024 – questo il filo rosso del ragionamento – fa il bis rispetto alla netta riduzione patita nel 2023: meno 16,5% nel numero dei treni operati negli interporti italiani nel 2023. Nell’incontro di Venezia è emerso che questi dati indicano come «i lavori sulla rete ferroviaria nazionale al momento stanno avendo un impatto significativo sul traffico». Non solo: è «ancora più rilevante» il fatto che si vada in controtendenza rispetto agli anni precedenti all’apertura dei cantieri, in quel periodo «si era registrato un progressivo incremento annuo del trasporto ferroviario intermodale gestito dal network interportuale italiano».
A tal proposito, le società interportuali tengono a segnalare un altro aspetto per rimarcare «il ruolo determinante degli interporti»: lo testimonia – si afferma – il fatto che «nel 2024 circa 40mila treni intermodali hanno avuto origine o destinazione interportuale». Ne consegue che c’è da gestire limitando i danni «in questa fase transitoria in attesa del completamento previsto per il 2026».
A giudizio degli interventi in sede di iniziativa Uir, si guardano con ottimismo le prospettive al di là dei guai immediati: le previsioni «sono incoraggianti» anche in virtù degli «importanti investimenti previsti dal Pnrr in corso di realizzazione» da parte di Rfi (gruppo Fs). Hanno lo scopo di rimuovere vincoli e “colli di bottiglia” infrastrutturali sulla rete ferroviaria, che attualmente limitano la possibilità di organizzare dei treni intermodali.
Al termine del confronto è saltata l’idea di incentivare il settore: per i terminal ferroviari si potrebbe prevedere qualcosa definibile come “terminal bonus”, che «comprendano gli aspetti delle manovre ferroviarie, non solo portuali, e della terminalizzazione».
Al ministero viene spedito un giudizio positivo per quanto riguarda l’idea di «una mappatura dei terminal merci intermodali esistenti», per com’è prevista dalla direttiva del ministro delle infrastrutture e dei trasporti («da realizzarsi nell’ambito dell’obiettivo strategico di garantire una distribuzione adeguata di terminali merci multimodali aventi una capacità di trasbordo adeguata a soddisfare le necessità della Rete transeuropea dei trasporti»). Ben venga che a tale scopo sia stato istituito un gruppo di lavoro presso la Direzione Generale per i porti, la logistica e l’intermodalità.
Tale mappatura – si ribadisce – dovrà concludersi «entro settembre 2025» ed è una attività «prevista dal Regolamento Eu 2024/1679 riferito alle attività che singoli Stati membri dovranno porre in essere (entro il 19 luglio 2027) per l’individuazione di nuovi terminal intermodali». La Uil lo dice chiaro e tondo: è auspicabile che «ciò non porti ad una proliferazione incontrollata di nuove strutture, ma che il lavoro prodotto sia, invece, propedeutico ad una ottimizzazione della rete».
Claudio Ricci (Interporto Campano): «I lavori di ammodernamento in corso sulla rete ferroviaria hanno avuto un impatto sicuramente, in generale, sul traffico. Quanto agli investimenti di Rfi grazie al Pnrr, si aprono grandi prospettive ed è ipotizzabile per il futuro un notevole sviluppo, al tempo stesso però hanno prodotto notevoli criticità dovute alle interruzioni delle linee ferroviarie a causa dei cantieri aperti. Il rischio è che i benefici siano neutralizzati dalle attuali criticità e da eventuale allungamento dei tempi tanto da ottenere l’effetto contrario. Dobbiamo evitare che il malato “muoia” in ambulanza prima che giunga all’ospedale».
Massimo Arnese (Interporto di Novara): «La digitalizzazione è l’elemento che attiva il progresso per i terminali intermodali della rete nazionale, sta in un cotesto in cui l’ottimizzazione dell’infrastruttura ferroviaria ha tempi fisiologici decisamente più dilatati. La rete degli interporti italiani punta sulla tecnologia per accorciare i tempi e adeguarsi agli standard europei, lavorando sui concetti di interoperabilità e condivisione dei dati. L’e-Fti, il protocollo per la trasmissione dei documenti elettronici normato dal reg. 1056/2020, è stato integrato nel progetto “Elodie” creato dagli interporti per dematerializzare le informazioni del trasporto intermodale e renderle immediatamente fruibili alla rete. I nodi, entro giugno 2026, potranno condividere dati in tempo reale attraverso uno o più servizi digitali generati dai rispettivi “Tos”, e “flussare” informazioni verso il network comunitario attraverso l’e-Fti gateway nazionale e quello italiano».
Gianpaolo Serpagli (Interporto di Parma): «La centralità delle associazioni che sintetizzano i bisogni comuni è un punto essenziale per il confronto costruttivo con gli enti (Comuni, Province, Regioni, Stato). Credo che sempre di più dovremo rafforzare l’utilizzo dei corpi intermedi per razionalizzare il confronto e avere interlocutori autorevoli e credibili che si confrontino con i decisori e i legislatori. La Uir in questi anni è riuscita a far sì che interessi comuni potessero trovare un importante confronto sia con i governi sia con i parlamenti che si sono susseguiti nel tempo. Il ministero ha sempre trovato in Uir proposte concrete ed accettate da tutti per formulare bandi e impegnare risorse in tempi brevi per infrastrutture o macchinari di utilità per gli interporti italiani. Questo è un lavoro da proseguire e siamo sicuri che sempre di più saremo un interlocutore riconosciuto. La stessa cosa abbiamo tentato di farla per arrivare a concretizzare su una legge degli interporti che svecchiasse la 240/90. Siamo sicuri che in un confronto costruttivo questo lavoro troverà giusta soddisfazione».